Sete

Mi trovo in un posto non ben definito, è sicuramente una casa, sono seduta su un divano nero e comincio ad avere una sete pazzesca, ho voglia solo di bere acqua, ma non ce l’ho…allora mi rivolgo alla persona seduta accanto a me, è un uomo, ma non ricordo chi è…gli chiedo con insistenza un po’ d’acqua, e lui mi da una bottiglia di acqua minerale e comicio a bere senza fermarmi…

L’uomo dal golf di lana cotta

Scendo dalla macchina con V. e N. in una strada senza uscita in una zona di Roma deserta, ma soprattutto a me sconosciuta.

Esce da una baracca un uomo alto, grosso, brutto con la pancia…indossa un grande golf di lana cotta…mi guarda, mi fissa intensamente… e’ inquietante ed io mi giro, impaurita, ed accelero il passo…V. mi dice di correre perche’ dobbiamo assolutamente allontanarci dall’uomo con il golf arancione…ho paura, ma alla fine mi rendo conto che non sono poi cosi’ in pericolo…l’uomo ha il passo molto lento, e’ molto grasso…ha la pancia ed io sento di essere piu’ veloce di lui, lo so e mi tranquillizzo… ma V insiste e mi dice di camminare piu’ velocemente e di raggiungere al piu’ presto la pizzeria dove dobbiamo cenare, mi giro e incrocio nuovamente lo sguardo dell’uomo dal golf di lana cotta…si comincia a spogliare, si leva il maglione, e poi la camicia, rimane in canottiera e mi parla, ma io non lo capisco…scappo arrivo nella piazza dove c’e’ la pizzeria e lui inciampa e cade a terra, ma si rialza subito e mi fissa nuovamente, allora mi accorgo che in mezzo alla strada ci sono dei cartoni, delle scatole, insomma una mezza discarica abusiva…vedo una sedia… quelle impagliate con lo schienale tondo…l’afferro e comincio a guardare fisso negli occhi l’uomo che chiaramente mi vuole far del male, lo sfido e scateno tutta la mia rabbia, la mia paura su di lui.

Con la sedia lo colpisco sulla pancia, cade a terra….ed ecco che si trasforma in orso, la sua pancia adesso e’ nera e pelosa, mi fermo e mi dico non gli posso fare male… che devo smetterla di colpirlo…e’ un animale…

Tre brutti sogni

Sto camminando in un bosco fitto con alberi alti e con me c’è Fabri, ad un certo punto vedo un materasso abbandonato e sopra c’è il mio cane Diavolone con un altro cane nero che non conosco e che non sembra in salute. Mi avvicino al materasso e vedo che Diavolone ha l’attaccatura della coda tutta ferita e gonfia. Diavolone mi parla come se fosse umano e, riferendosi all’altro cane, dice: “Ma se lo porto dal veterinario credi che mi farà pagare la medicazione per la mia coda?”. Io sento un terribile nodo alla gola e penso che, povero cane, si trova in difficoltà e sta cercando un modo per farsi medicare ma non sa come fare. Mi rivolgo a Fabri e gli dico che li porterò io dal veterinario.

Cambia scena e mi trovo a Piazza S Pietro ma il colonnato invade l’intera piazza come se fosse un bosco di colonne altissime che sorreggono una tettoia, ognuna sostenendola con un grosso bullone. In alto ci sono degli operai e io domando cosa stiano facendo. Mi rispondono che devono spostare l’intera struttura due metri più a destra, svitando tutti i bulloni in cima, spostando le colonne altissime e rimettendo la tettoia. Io alzo di nuovo lo sguardo verso la sommità è penso che sarà una manovra lunghissima, pericolosa e senza speranza di riuscita. Appena finisco il pensiero vengo colta da un brivido di vertigine (per quanto stanno lavorando in alto gli operai) e poi ho un conato di nausea.

Cambia scena e sto salendo una lunghissima scala piatta (tipo per le carrozze) che si snoda come un serpentone sotto il cielo aperto. Davanti a me sta salendo un uomo basso, più basso di me ed io, che porto in mano una borsetta da sera, lo colpisco violentemente alla testa con questa e poi, con un gesto rapido, mi metto davanti a lui e gli do un pugno in viso e resto con la guardia alta. Mentre faccio tutto ciò mi dico che sarà un gioco da ragazzi batterlo perché è pur vero che io sono una donna ma lui è un uomo basso e quindi sarò più forte io.

 

La ragazza bendata e il rappresentante esagitato

Sono a San Quirico dalle parti di casa di F. ma al posto suo ci sono Z. e I.. Mi affidano S. e io la porto a spasso.

Più in la verso la strada per uscire dal paese vedo venirmi incontro una ragazza con una benda sugli occhi e una piega allegra sulle labbra. Indossa un cappotto nero e avanza a tentoni. Penso che stia cercando il suo uomo ideale, intanto si è avvicinata e stiamo quasi per scontrarci. Con un gesto deciso e fluido allo stesso tempo, poco prima che i nostri corpi si scontrino, la schivo di lato, passando il mio viso in prossimità del suo orecchio destro, sussurrando un respiro.

La supero e continuo a camminare per la strada, girandomi di tanto in tanto. Noto che si è fermata perché ha capito che qualcuno le è passato accanto. E’ curiosa e si gira di 3/4, mette una mano sulla benda ed esita un poco a levarla. Le dico di no facendole anche segno col dito . “No! Non ci provare sai.”. Ma non mi ascolta e si toglie la benda… mi guarda e sul suo viso si stampa un’espressione di delusione per non aver sfruttato l’occasione di avermi così vicino da potermi prendere. Mi giro di nuovo e mi incammino per la strada che porta fuori il paese.

Imbocco una discesa e mi ritrovo in una strada ai cui lati sorgono delle case colorate, in legno. Mi accorgo di stare nel posto del sogno che ho fatto poco prima di cui non ricordo molto. Torno indietro sui miei passi e arrivato in cima alla salita incontro di nuovo la ragazza bendata. E’ piu che sorridente ora ed in compagnia di un ragazzo; mi sorpassano e spariscono. Vicino ai miei piedi noto una scatola di cartone al cui interno c’è una mascherina del tipo che si usano per verniciare. Guardandola sorrido perché ho capito che era la benda della ragazza che aveva gettato via in quanto ora non le serviva piu.

Mi ritrovo a casa dei miei, sempre a San Quirico ed è passato poco tempo dall’incontro con la ragazza bendata. Sono in prossimità del ponticello che divide casa dall’orto e qualcuno in una macchina mi fa notare che S. non è con me… Mi agito subito, la cerco e noto un gattino vicino a me. “Eccola! Vedi che non me la sono persa?” dico… La prendo in braccio e penso sia l’ora di riportarla ai genitori perché è l’una passata e staranno aspettandola per il pranzo.

Mi dirigo quindi verso il cancello di casa con S. in braccio e all’improvviso mia sorella mi fa notare che Z. e I. sono arrivati a casa mia. S. indossa un vestito viola ed è grande e pesa quanto una bambina di 12 anni. Non faccio però fatica a tenerla in braccio.

Vedo arrivare in lontananza un tipo trafelatissimo e mezzo sdinoccolato. E’ alto e ha i capelli lunghi fino alle spalle. E’ un rappresentante e si ferma tra di noi per consegnarci dei campioni di merce. In particolare viene colpito da mia sorella V. alla quale consegna una grande quantità di bustine trasparenti con dentro una sorta di stuzzicadenti di plastica molto elaborato. Mentre elargisce la guarda fissa negli occhi, rapito dalla sua bellezza.

La consegna continua e anche io e Sa. riceviamo qualcosa. Si tratta però di stoviglie, coltelli e cucchiaini nello specifico. I coltelli hanno il manico rosso e mi piacciono molto ma ho ricevuto solamente un bicchierino di ceramica e allora propongo agli altri uno scambio: “Chi mi da un bicchierino per un coltello?”.

Si avvicina un tipo grassoccio che è disposto al baratto e mi mostra i sui bicchierini. Non mi piacciono perché sono leggermente scheggiati e noto che in fin dei conti anche gli oggetti in mio possesso lo sono… Decido allora di indagare e cerco di vedere cosa ha ricevuto il resto della gente che è lì con me. Analizzo i bicchierini di un’altra persona e mentre li ho nelle mani dico: “Non sono rossi come gli altri.”. Hanno, in effetti, un colore molto piu chiaro, piu vicino a quello dei vasi di terracotta e affermo che è normale che sia così poiché sono oggetti artigianali ed ognuno è diverso dall’altro.

Il volo in un’estate innevata

Sono in viaggio con degli amici e camminiamo da molto tempo senza sentire, però, la fatica dei passi…arriviamo su una spiaggia molto affollata e piena di persone distese al sole. Poggio lo zaino a terra e provo a sedermi, ma mi rendo conto che la sabbia è completamente ricoperta di neve! Una neve bianca, soffice e decisamente fredda!

Poi mi ritrovo ad un tratto sotto un enorme e maestoso ponte…anche qui c’è molta gente. Tutti sembrano desiderosi di recarsi  su di esso. Un uomo dallo sguardo vispo si avvicina al mio gruppo e ci mostra uno strano marchingegno: una bici graziella con un lunghissimo elastico che, secondo quanto ci stava spiegando, avrebbe potuto portarci in un men che non si dica sul ponte. Decido di provarla e….con un grande e agile salto volo sul ponte in sella alla graziella!

Delitto e castigo

Sono seduta sul sedile di dietro di una macchina e davanti ci sono un uomo e una donna che sembro conoscere. Stiamo guidando lungo viale Trastevere e poi giriamo a destra e la strada ci porta in un paesino. Scendiamo e suoniamo ad una porta. Ci aprono una donna con la figlia adolescente, noi chiediamo dove sia il marito, lei ci indica un posto poco lontano. Raggiungiamo il luogo, troviamo l’uomo e lo uccidiamo (mi sembra strangolandolo). Risaliamo in macchina in silenzio ma io sono disperata perché so che la polizia risalirà a noi tramite la moglie e dovrò passare il resto della vita in carcere e ho così buttato la mia vita.

Cambia scena, sono a Londra, Bea mi dice che devo tornare a lavorare nella nuova sede della galleria JJ/WC (dove ho lavorato davvero) e che lei già lavora lì da un po’. Sono incerta ma salgo sulla metro per andarci. Quando scendo chiedo indicazioni ad una signora ma parliamo in francesce invece che in inglese e poi mi rendo rendo conto che anche i nomi delle vie e le targhe delle macchine sono scritti in francese. Allora mi dispero e mi rendo conto di essermi addormentata sulla metro e di aver attraversato il tunnel della Manica senza accorgermene.

L’ufficio-ospedale

Con mia grande sorpresa vengo a sapere di essere stato trasferito di stanza e la mia compagna di lavoro altri non e’ che una vecchia collega con cui ho lavorato all’inizio della mia vita lavorativa. Contento di cio’ mi industrio per sistemare la stanza, ridotta in uno stato pietoso, molto somigliante ad uno studio di un artigiano. Assi di legno qua e la appoggiate a terra e alle pareti, le sposto, di poco… Poi torno ad occuparmi della scrivania. E’ posta longitudinalmente ad una delle pareti corte della stanza, al suo centro, accanto a quella della mia collega ed un vetro divide me e lei. Sulla porta appare il mio vecchio responsabile di cui non ho un bellissimo ricordo e subito capisco di essere tornato a lavorare per lui. Faccio notare la mia scontentezza ed esco dalla stanza con passo affrettato per andare a reclamare non so bene da chi. Mi dirigo fuori dell’edificio percorrendo un corridoio lungo con pareti verdine; arrivo ad una stanza all’interno della quale intravedo una doccia in funzione e dietro al pannello di vetro appannato spicca un fondoschiena (notevole) di una ragazza con pelle leggermente scura. Mi avvicino e piu in la c’e’ un uomo grassottello con un camice da infermiere verde, mi vedono e cambio strada. Esco dal portone a vetri dell’edificio e davanti a me un enorme prato brullo con pochi alberi. Mi dirigo a sinistra sul marciapiede grigio e inizio a correre ma quasi subito le gambe si appesantiscono troppo e faccio fatica a mantenere l’andatura.