Io e F. veniamo arrestati e invece che in prigione mi ritrovo (F. e’ uscita di scena) in una caserma che ha tutte le sembianze di un comune appartamento.
Con me ci sono altri due ragazzi, li conosco, sono vecchi compagni di naja. Di uno di loro mi ricordo anche il nome, ne sono piu che certo. Si comporta in modo strano, si muove spesso e parla a vanvera. Io gli rispondo chiamandolo per nome: “Tu sei Alessandro vero?. Il tipo nè conferma nè smentisce.
Sono in ansia e mentre realizzo di essere tornato a svolgere il servizio di leva vedo entrare nella stanza tre tipi. Uno di loro e’ G., un mio caro amico che e’ ufficiale nell’esercito. E’ venuto a “liberarmi”. Indossa Rayban a goccia e un giubbino di pelle, e’ molto concentrato e serio. Mi fa strada verso una porta che da all’esterno. Usciamo e ci dirigiamo verso casa sua.
Mentre camminiamo un po’ affrettati mi rendo conto di dove siamo, riconosco i palazzi. Mi rivolgo a lui dicendo: “Ah, e’ vero, me lo avevi detto che avevi casa di fronte alla caserma.”.
Attraversiamo un paio di viottoli stretti, illuminati da luci giallo/verdi ed arriviamo ad un bar. Lì ci aspettano altre persone. Sono sedute ad un tavolo su delle panche, sulla terrazza del locale, sembrano molto ansiosi di parlarci.
Arrivato al tavolo con l’idea che quelle persone siano lì per aiutarmi, realizzo poco dopo che invece sono altri individui bisognosi dell’aiuto di G. Mi preoccupo, anche perche’ una di loro ha un biglietto attaccato addosso con su scritto “4 anni”, il tempo che attende invano l’aiuto del mio amico.