L’abbraccio e la cravatta rossa

Ho sognato di abbracciare due mie amiche. E’ stato un abbraccio molto affettuoso, velatamente erotico. Alla mia destra c’era B.C., una collega,  alla mia sinistra I.F, una compagna delle scuole medie. Nella mia vita diurna con queste persone non ho e non ho avuto un legame particolarmente stretto. Ricordo solo che con I.F. ballai uno dei miei primi lenti alla sua festa di compleanno (era una canzone di Antonello Venditti). Nel sogno, durante l’abbraccio, sento la mia guancia bagnarsi. Sono le lacrime di I.F. che piange delicatamente e in silenzio. Io le chiedo cosa sia successo e lei mi risponde: “Sono una persona sensibile io”.

In un’alttra scena onirica aiuto un uomo a vestirsi, come fossi un sarto. Ho difficoltà a fargli il nodo alla cravatta. Il vestito grigio, il panciotto, la cravatta rossa sono a volte su una sedia, a volte sono indossati dall’uomo. Ha un lavoro da svolgere insieme ad un ragazzo più giovane che momentaneamente lo attende fuori dall’Autogrill nel quale ci troviamo. Arrivano due donne, una delle quali ha l’influenza. L’uomo del sogno si preoccupa per eventuali problemi di salute che, da questo momento in poi, potrebbero capitare a lui e al suo collaboratore.

L’amica di famiglia

Sono su un ciglio di una strada a due corsie strette, mi trovo sul marciapiede. Da lontano arriva velocemente un suv che quasi mi travolge, mi passa accanto a tutta velocità e mi manca per un pelo.

Mia madre mi dice che si tratta di O. un’amica di famiglia, che sterza e parcheggia dentro un grande giardino. Io comincio ad andare in escandescenza, in quanto non è la prima volta che O. rischia di investirmi, così prendo coraggio e decido di andare a parlare con la sua famiglia.

Giro nella stessa direzione del suv e mi ritrovo in un grande giardino di un castello. Entro nel castello e incontro la suocera di O. che nella vita conosco molto bene, la signora M. Spiego con tono seccato come stanno le cose, mentre M. mi guarda come se fosse incantata dalle mie parole. Ad un certo punto accorgendomi di tale dedizione, abbasso i toni e giustifico il comportamento di O. dicendo che forse ha perso la vista e che dovrebbe mettere gli occhiali mentre guida.

A questo punto gli occhi di M. si riempiono di lacrime e mi invita ad uscire dal castello. Di fronte a tale reazione accetto di uscire e mi fanno accompagnare da un ragazzo di bella presenza. Comincio ad entrare ed uscire da un infinito numero di stanze, scendo infinite rampe di scale, fino ad arrivare in una stanza con una tenda rossa, dove questo ragazzo (che nella vita non conosco), si gira verso di me e comincia a dirmi delle frasi dolcissime, io in realtà non comprendo le parole esatte, ma ringrazio e sorrido.

Torno in questo grande giardino.