Il palloncino rosa

Sono da solo e giro per la città tenendo in mano un palloncino rosa. Dentro al palloncino c’è un bambino che sta crescendo e che debbo accudire.

B. non è a Roma e, nell’attesa, sarò io ad occuparmi del bimbo tenendo con me il palloncino. Lo porto in giro, a volte lo metto sotto la maglietta, altre volte invece lo massaggio come fosse un antistress. Mi preoccupo del fatto che, essendo un uomo, io possa agire maldestramente o possa usare troppa forza nel muoverlo. Mi accorgo però che dentro al palloncino c’è un’altro piccolo contenitore in plastica che serve a proteggere il bimbo che sta crescendo.

Quando torna B. sono felice di poterle restituire il palloncino dal momento che so che lei, con il suo istinto femminile, saprà come muoversi e come trattarlo.

 

Arresti domiciliari

Sono in un piccolo negozio che ricorda lontanamente il garage di casa dei miei nonni. Il mio amico Lorenzo sta per terminare il suo ultimo giorno di lavoro da commesso prima di cambiare mestiere.

Un cliente di origine orientale entra nel negozio e comincia a fare domande. Lorenzo comincia a spiegargli in inglese che non capisce la sua lingua.

La tensione aumenta.

Il signore cinese comincia ad arrabbiarsi incredibilmente e a sferrare pugni e calci contro Lorenzo. Inizia un duro combattimento. Cerco di intervenire trascinando via il mio amico.

Uscito dal negozio, mi dirigo verso una piazza con una chiesa. Lungo le strade si affollano persone, bambini giocano davanti alla chiesa, signore anziane tornano dal mercato. Intanto la polizia mi sta cercando. Anche il cinese vuole vendicarsi dell’affronto subito.

Sono circondato.

Tolgo dalla mia bocca un involucro di gomma, simile ad un palloncino, nel quale risulterà essere contenuta un bomba.

La polizia mi arresta e mi condanna agli arresti domiciliari.

Rimango a lungo nel soggiorno di casa sdraiato per terra sopra ad un lenzuolo rosso. Una finestra dà sulla piazza ed una portafinestra permette il passaggio ad un piccolo balcone sul mare. Si sente il rumore delle onde, vedo il colore blu intenso delle acque. Le finestre sono aperte e c’è una leggera brezza estiva.

Sono però costretto a non muovermi per non destare sospetti. Mi accorgo che nell’angolo tra le pareti ed il soffitto c’è un incavo che percorre tutta la lunghezza della stanza dal quale fuoriescono punte di fucili puntati contro di me da numerosi poliziotti appostati dentro casa per controllarmi.

Rimango contratto a terra in compagnia di B. e di alcuni miei amici venuti a casa per sostenermi in questo difficile momento.