Lontano da Roma

Sto viaggiando in sella alla mia Vespa lungo una strada di campagna. Intorno a me solamente campi verdi. Comincia a fare sera e il vento aumenta. Sento freddo e inzio a pensare che presto dovrò fermarmi per coprirmi con una sciarpa colorata che da tempo è rimasta nel cassetto anteriore del mio veicolo.

Arrivo in un paesino e mi fermo a chiedere informazioni ad una signora: “Mi scusi… io dovrei tornare a Roma, mi saprebbe indicare la strada?”. La Signora, in maniera molto gentile, mi spiega in che direzione andare e quale via prendere. Mi stupisco della sua gentilezza e ringrazio sentitamente. La Singora risponde: ” Di niente, ma le pare! Torni presto a trovarci!”. Guardo un’altra donna vicino a me e mi chiedo se anche lei sia così gentile. Mi fermo a considerare il fatto che avrei anche potuto decidere di fermare un’altra persona e che probabilmente non avrei avuto la stessa fortuna.

Mi dirigo dalla parte indicatami e appena arrivo alla fine del paese mi accorgo di non riuscire comunque ad orientarmi bene. Domando ad un gruppo di persone della mia età come fare a tornare a Roma e ricevo indicazioni veloci da un ragazzo alto, con la barba, gli occhiali ed un cappotto blu.

All’improvviso mi trovo davanti ad un palazzo con una grande porta a vetri. Scendo dalla Vespa ed entro nell’edificio.

Davanti a me c’è un ascensore in plastica bianca che invece di salire in verticale scivola lungo il pavimento e, seguendo una forma a spirale, permette ai passeggeri di visitare i tre piani della struttura. Salgo sull’ascensore e mi ritrovo in pochi secondi al primo piano. Capisco di essere entrato in un ospedale. Trattengo il respiro per la paura di contrarre malattie e aspetto di raggiungere il terzo piano.Molte infermiere vestite di bianco sono impegnate ad aiutare una grande quantità di pazienti gravi ed anziani.

Vedo aghi, barelle, medici e pazienti mentre cerco di farmi piccolo piccolo e di aderire alle pareti dell’ascensore per non essere visto.

L’ascensore si ferma davanti ad un ufficio delle Poste Italiane. Decido allora di prendere un po’ di soldi visto che il mio portafoglio è vuoto. Inserisco la carta prepagata e il bancomat me la ritira. Dalla fessura dove ho inserito la carta esce un piccolo quadratino di carta con sopra scritta la cifra 21. Affranto, rimango immobile davanti al bancomat fuori servizio. L’ufficio è chiuso perchè è notte e so di non avere tempo per tornare la mattina successiva a riprendere la carta.

Improvvisamente dal bancomat cominciano ad uscire pacchetti di sigarette, accendini, cartine e merendine. Decido di approfittare del malfunzionamento del bancomat e di raggiungere un grande cornetto caldo alla crema che è rimasto incastrato nella fessura. Lo prendo e comincio a mangiarlo. Il sapore non è buono e, nauseato dalla dolcezza della crema, decido di buttarlo.

In quel momento giungono nell’ufficio postale due impegate passate di lì per caso. Spiego loro di aver perso la mia prepagata e di aver trovato il bancomat rotto. Celo il mio imbarazzo per aver rubato il cornetto e dichiaro di aver assistito passivamente alla scena del bancomat che sputava oggetti.