Casa nuova

sono in una casa grande, è dove vivo, anche se non è uguale a quella della realtà. Mi telefona la mia amica Daniela, forse vuol dirmi che vuol passare a prendermi perchè è in zona, ma il ragazzo la chiama iniziano a parlare tra loro, mi stufo di attendere e chiudo.

Vado un po’ in giro per questa casa per me nuova,ci sono tante cose antiche, come dei reperti archeologici, alcuni telefoni antichi, uno di questi pero’ è funzionante, decido di mettere un po’ d’ ordine e soprattutto pulire c’ è tanta polvere,

Esce da una stanza una ragazza con cui vivo, ma non conosco.

le spiego che sento la necessita’ di riordinare d’ altronde li ci viviamo.Tolgo un po’ di cose e le porto in cucina per lavarle. sono come in un salone grande, alcuni soprammobili sono rotti, li butto.

E poi sistemo due grossi piatti sui mobili, sono come di quelli degli antichi romani.

Il seminterrato

Sono nel seminterrato di via Madonna dei Monti che tanto tempo fa affittai con alcuni amici.

Io e C. abbiamo deciso di affittare l’appartamento (completamente da ristrutturare) con l’intenzione di aprire uno studio.

C’è molto da fare: buttare vecchi mobili, sistemare il bagno, dipingere le pareti, comprare un deumidificatore, ecc.

Il seminterrato è molto umido e pieno di muffa. Decido di salire su di una sedia e aprire le finestre che si trovano nella parte alta delle pareti di ciascuna stanza. Le persiane sono incastrate e coperte di ragnatele. Spingo per aprirle. Alcune persiane si aprono e altre si rompono lasciando passare la luce del sole. Sento un calore rigenerante che presto farà sparire l’umidità e la muffa sui muri. Entra anche una leggera brezza che mi rende sereno e mi fa pensare che presto l’odore di chiuso svanirà lasciando il posto a nuovi profumi.

C. ed io siamo molto contenti di iniziare insieme questa nuova avventura professionale.

Edward Norton versione Tootsie

Ero al cinema con la mia amica R. e altri, per vedere non so che film, ma comunque uno a cui tenevamo molto. C’era tantissima gente che saliva le scale. C. arrivava con la madre e altre persone, presumibilmente amici dei genitori, e andava a sedersi in galleria.

A un certo punto, mentre stavamo in una specie di sala d’attesa molto simile a un’anticamera della mia vecchia università, spuntava fuori Edward Norton vestito da donna (in modo imbarazzante, un po’ come Dustin Hoffmann in Tootsie. Ciononostante, rimaneva sempre Edward Norton), fischiettando un tema molto famoso (ma sul momento non ricordavo quale fosse). Io, R. e gli altri sapevamo che avrebbe dovuto cantare la colonna sonora di Rushmore poco dopo sul palco. Lui, che chiacchierava con altri sulla porta, mi chiamava e mi dava dei fogli raccolti in una busta trasparente, con un elenco di titoli scritto a mano, e mi diceva che probabilmente avrebbe cantato due canzoni. Io lo guardavo e gli dicevo una frase stupida, da fan idiota, tipo “Sposami”. Poi tornavo da R. e dagli altri e raccontavo la cosa in maniera ancora più stupida, così ridevamo tanto (in pieno stile Sex and the City) e ci dicevamo che non vedevamo l’ora di sentire Norton cantare.

Poi salivamo delle scale (c’era ancora tanta, tanta gente che cercava di raggiungere i posti) e qualcuno diceva che c’erano dei gadgets del film a disposizione, e io urlavo “Adoro i gadgets!”.

Nonostante la confusione, ci ritrovavamo al bar del cinema, piuttosto cupo, vicino la galleria. C’era di nuovo C. (ma forse c’era anche prima, probabilmente era stato lui a dirmi dei gadgets) seduto a un tavolino, che mi faceva notare che dicevo spesso cose “allucinanti” e che lui non diceva niente, però mica potevo fare sempre così, e io, guardando tutta quella gente che affollava il cinema, capivo che aveva ragione, che parlavo parlavo parlavo, stavo sempre a parlare, parlavo veramente troppo, e alla fine gli chiedevo scusa e mi sentivo in colpa.

A quel punto mi ricordavo di avere in mano una busta molto grande con dei gelati confezionati che dovevano servire in seguito. Mi chiedevo chi li avrebbe mangiati, e pensavo che non si potevano buttare via, e che avremmo dovuto costringere tutti a mangiarli, anche perché non erano tanti, giusto 5 o 6, e noi eravamo di più.

Subito dopo io, R. e gli altri decidevamo di fare un giro in elicottero, dal momento che ne trovavamo uno molto bello e molto grande lì vicino, proprio accanto al balcone della salagiochi del cinema. All’inizio salivo io, ma poi mi rendevo conto che c’era un po’ di gente, tra cui la madre di R. e un ragazzino che non conoscevo. Sull’elicottero (bianco, ma con dettagli colorati) c’erano diverse cabine, per 2 o 4 persone, aperte, senza protezione, e in volo bisognava stare sdraiati e aggrappati a dei tubi di ferro.

Mentre volavamo lì intorno (il panorama era bellissimo, giravamo intorno a una ruota panoramica, il paesaggio era collinare), mi rendevo conto di star seduta, e di non avere paura dell’elicottero. Quindi facevo tutta una serie di considerazioni tra me e me sulla sicurezza degli elicotteri e sul fatto che la percentuale di incidenti in elicottero fosse minore rispetto a quella degli incidenti in aereo, e intanto mi accorgevo che ce ne erano altri che volavano lì vicino.

Intanto iniziavamo a vedere (forse in un monitor) Edwart Norton e Ben Stiller che vestiti da donna (Ben Stiller aveva la tuta rossa del film “I Tenenbaum” e la stessa capigliatura) iniziavano a cantare in italiano (Norton aveva qualche difficoltà a ricordare le parole, e leggeva il testo, doveva aver recuperato i fogli che mi aveva affidato prima).

La canzone era inedita e a un certo punto mi rendevo conto che si trovavano anche loro due su un elicottero.

Cercavo di sentire bene le parole della canzone e di capire se mi piacesse o meno, e intanto atterravamo per tornare al cinema. Edward Norton e Ben Stiller si trovavano probabilmente sul nostro stesso elicottero, stavano scendendo anche loro, continuando a cantare, seguiti dalle telecamere.

Noi correvamo di nuovo verso il cinema, e la madre di R. diceva che avevamo perso esattamente 7 minuti di film in questo modo, ma io pensavo che non era stata colpa mia se avevamo fatto quel giro (perché supponevo che me lo stesse rimproverando), che di certo non avevo obbligato nessuno (neanche sapevo che lei fosse lì, dopotutto),  e che tutto sommato c’eravamo divertiti da morire, dal momento che sentir cantare Edward Norton in italiano volando su un paesaggio così bello non capitava tutti i giorni.

Poi qualcuno diceva che in realtà avevamo perso troppo tempo nel sentire il racconto che riguardava una specie di mostro, una via di mezzo tra un dinosauro e un’aquila, che stava appeso sulla veranda di una casa colonica che si trovava proprio lì di fianco. Io non mi ricordavo niente di tutto ciò, e non capivo se a raccontare quella storia fosse stata la madre di R. o forse un’altra signora che viveva lì, ma sentivo che alla fine si diceva che, com’era prevedibile, mentre eravamo sull’elicottero avevano rubato una parte dell’animale, forse una zampa o un’ala.

A quel punto tornavamo al cinema dalla scala antincendio.