Sono ad un pranzo insieme a molte altre persone. I tavoli sono quelli che si potrebbero trovare ad una sagra e sono disposti un po’ alla rinfusa.
Siedo accanto ad una ragazza mora vestita di nero. So bene chi sia anche se nel sogno la somiglianza non è del tutto fedele. Mi avvicino al suo collo ripetutamente e in maniera furtiva per annusarne il profumo. Dopo aver rubato per due o tre volte la dolce essenza dal suo collo, noto un’altra ragazza vestita completamente di bianco, mora anch’essa, dall’altro lato del tavolo, che mi fulmina con lo sguardo e mi manda a quel paese mimando un vaffa con la bocca.
In quel momento mi ritrovo seduto a capotavola, con la testa abbassata, rivolta verso il pavimento. Accavallo la gamba sinistra sulla destra e noto un piccolissimo puntino di grasso sulla caviglia. Inizio a grattarlo con l’unghia del dito indice della mano destra per cercare di asportarlo ma più gratto, più il puntino diventa grande… E quando ha raggiunto le dimensioni di qualche millimetro, inizia a muoversi, proprio come farebbe un piccolo vermetto bianco. Rendendomi conto di cosa stavo ospitando sotto la pelle della mia caviglia, afferro con le dita la piccola sporgenza bianca e soda e tiro con decisione, ritrovandomi in mano un verme di qualche centimetro. Sorprendentemente non sento alcun fastidio o dolore e la cosa mi rincuora anche perchè quando osservo meglio il buco lasciato dal verme noto che dentro ce ne sono altri più o meno lunghi. Ne afferro un altro e lo tiro fuori. E poi un altro ancora, e ancora. Nella mano ormai ho cinque o sei vermi di varie grandezze e sulla caviglia un buco di qualche centimetro, senza più parassiti al suo interno. Non noto molto sangue.
Mi alzo dal tavolo e cerco di svicolare tra gli altri, perdendo l’equilibrio un paio di volte. Ho ancora i vermi in mano, devo farli vedere a mia madre, l’unica persona che ho in mente che possa darmi consigli sul da farsi. Mi rendo conto subito dopo che non c’è più ma la cosa non mi butta giù più di tanto e penso che sono grande abbastanza per cavarmela da solo.
Esco di scena, ho in mano un filetto di pesce la cui consistenza della carne somiglia molto a quella dello sgombro in scatola. Lo sto ispezionando in cerca di altri vermi.
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La ragazza bendata e il rappresentante esagitato
Sono a San Quirico dalle parti di casa di F. ma al posto suo ci sono Z. e I.. Mi affidano S. e io la porto a spasso.
Più in la verso la strada per uscire dal paese vedo venirmi incontro una ragazza con una benda sugli occhi e una piega allegra sulle labbra. Indossa un cappotto nero e avanza a tentoni. Penso che stia cercando il suo uomo ideale, intanto si è avvicinata e stiamo quasi per scontrarci. Con un gesto deciso e fluido allo stesso tempo, poco prima che i nostri corpi si scontrino, la schivo di lato, passando il mio viso in prossimità del suo orecchio destro, sussurrando un respiro.
La supero e continuo a camminare per la strada, girandomi di tanto in tanto. Noto che si è fermata perché ha capito che qualcuno le è passato accanto. E’ curiosa e si gira di 3/4, mette una mano sulla benda ed esita un poco a levarla. Le dico di no facendole anche segno col dito . “No! Non ci provare sai.”. Ma non mi ascolta e si toglie la benda… mi guarda e sul suo viso si stampa un’espressione di delusione per non aver sfruttato l’occasione di avermi così vicino da potermi prendere. Mi giro di nuovo e mi incammino per la strada che porta fuori il paese.
Imbocco una discesa e mi ritrovo in una strada ai cui lati sorgono delle case colorate, in legno. Mi accorgo di stare nel posto del sogno che ho fatto poco prima di cui non ricordo molto. Torno indietro sui miei passi e arrivato in cima alla salita incontro di nuovo la ragazza bendata. E’ piu che sorridente ora ed in compagnia di un ragazzo; mi sorpassano e spariscono. Vicino ai miei piedi noto una scatola di cartone al cui interno c’è una mascherina del tipo che si usano per verniciare. Guardandola sorrido perché ho capito che era la benda della ragazza che aveva gettato via in quanto ora non le serviva piu.
Mi ritrovo a casa dei miei, sempre a San Quirico ed è passato poco tempo dall’incontro con la ragazza bendata. Sono in prossimità del ponticello che divide casa dall’orto e qualcuno in una macchina mi fa notare che S. non è con me… Mi agito subito, la cerco e noto un gattino vicino a me. “Eccola! Vedi che non me la sono persa?” dico… La prendo in braccio e penso sia l’ora di riportarla ai genitori perché è l’una passata e staranno aspettandola per il pranzo.
Mi dirigo quindi verso il cancello di casa con S. in braccio e all’improvviso mia sorella mi fa notare che Z. e I. sono arrivati a casa mia. S. indossa un vestito viola ed è grande e pesa quanto una bambina di 12 anni. Non faccio però fatica a tenerla in braccio.
Vedo arrivare in lontananza un tipo trafelatissimo e mezzo sdinoccolato. E’ alto e ha i capelli lunghi fino alle spalle. E’ un rappresentante e si ferma tra di noi per consegnarci dei campioni di merce. In particolare viene colpito da mia sorella V. alla quale consegna una grande quantità di bustine trasparenti con dentro una sorta di stuzzicadenti di plastica molto elaborato. Mentre elargisce la guarda fissa negli occhi, rapito dalla sua bellezza.
La consegna continua e anche io e Sa. riceviamo qualcosa. Si tratta però di stoviglie, coltelli e cucchiaini nello specifico. I coltelli hanno il manico rosso e mi piacciono molto ma ho ricevuto solamente un bicchierino di ceramica e allora propongo agli altri uno scambio: “Chi mi da un bicchierino per un coltello?”.
Si avvicina un tipo grassoccio che è disposto al baratto e mi mostra i sui bicchierini. Non mi piacciono perché sono leggermente scheggiati e noto che in fin dei conti anche gli oggetti in mio possesso lo sono… Decido allora di indagare e cerco di vedere cosa ha ricevuto il resto della gente che è lì con me. Analizzo i bicchierini di un’altra persona e mentre li ho nelle mani dico: “Non sono rossi come gli altri.”. Hanno, in effetti, un colore molto piu chiaro, piu vicino a quello dei vasi di terracotta e affermo che è normale che sia così poiché sono oggetti artigianali ed ognuno è diverso dall’altro.