Cadere

Sono all’interno di un palazzo in via di ristrutturazione, polvere e odore di solvente contaminano l’aria. C’è il mio datore di lavoro che indaffarato da ordini agli operai . Decido di uscire da una porta anonima che mi porta su una terrazza fatiscente, posta all’apice di una collina. C’è una vista meravigliosa, il cielo limpido si tuffa nel mare creando un’armonia di colori . Vado a sedermi sul bordo mezzo diroccato di questa terrazza. Accanto a me c’è una donna che guarda il panorama, ha dei lunghi capelli bianchi raccolti in una treccia che le avvolge la testa. Mi guarda e mi chiede cosa voglio fare. Le rispondo che voglio solo guardare questo spettacolo.  Di lì a poco mi sento scivolare in avanti e precipito, lentamente la brezza mi da un’assetto e planandomi come un aeroplanino di carta mi porta verso la costa. Nel passare vedo campi coltivati che dal verde acceso passano al color sabbia della spiaggia. Prima di arrivare al  perimetro del mare riesco ad aggrapparmi ad un masso enorme. Nel penzolare mi rendo conto che questo non è un masso qualsiasi ma ha una forma. E’ un piede gigante. Dita grandi come palazzi  ricoperte di ferro. Sono atterrita dall’altezza ma non posso rimanere lì…! Prendo coraggio e come un free climber riesco a scendere. Mentre scendo con cautela vedo degli occhielli metallici che spuntano fuori. Mi fanno capire che io non sia la sola ad essere atterrata lì. Arrivo fino alla base del tallone ma lo spazio che mi separa dal suolo è troppo alto.  Decido di saltare, o la va o la spacca. Prendo un bel respiro e mi lascio cadere. Atterro facendo un capitombolo, illesa ma piena di sabbia mi siedo volgendo lo sguardo a questo mare a me sconosciuto.

Spaventato a morte

Sono in una cucina di una non ben identificata caserma militare e ci sono delle belle ragazze vestite di sole mutande nere. In seguito a quella che mi è sembrata una piccola esplosione una di loro viene scaraventata dall’altra parte della cucina andando a finire su una macchina a gas. Batte la testa sul muro ricoperto di piastrelle bianche e inizia ad avere dei tremori molto forti.

Da quello che posso apprendere come osservatore degli eventi i militari presenti nella caserma tentano di coprire l’accaduto cercando di eliminare la ragazza infortunata. Al successivo cambio di scena mi ritrovo, sempre come osservatore, in una stanza che può sembrare un magazzino vista la quantità di oggetti accatastati intorno a me. Nell’aria una canzone in perfetto stile italiano intonata da uno dei militari presenti nella stanza. Intuisco che le parole originali sono state alterate assumendo un tono di  inquietante scherno rivolto alla ragazza rinchiusa in un telo di plastica trasparente, su un  tavolo al centro della stanza. Tutto è illuminato da un cono di luce giallastra. La ragazza si dimena e maledice il militare canterino che rimane impassibile allo spettacolo di sofferenza della vittima.

Il successivo cambio di scena mi vede ancora come osservatore. Sono in una sorta di spogliatoio. Di fronte ad una fila di armadietti c’è il militare canterino. Sembra disorientato e spaventato da una qualche presenza che lo tormenta. Nel momento in cui si gira dalla parte opposta in cui stava guardando scorge la ragazza che aveva ucciso poco prima ed è in quel momento che prendo le sue parti e da osservatore divento protagonista della parte più spaventosa del sogno. La ragazza mi prende per la camicia e mi sbatte su un lettino iniziando ad imprecare cose non ben distinguibili fino a quando il suo viso, avvicinandosi sempre di più al mio, inizia a deformarsi. La sua bocca si allarga in maniera inverosimile e il suo interno è tutto nero. Più la trasformazione diventa orribile più le sue urla diventano forti e aggressive. Io vengo pervaso da una serie di brividi sempre più forti fino a quando uno di un’intensità mai provata mi colpisce al petto lasciandomi senza vita.

La casa

Sento suonare il campanello. Davanti alla porta d’ingresso appare all’improvviso l’anziano negoziante dell’alimentari sotto casa. Il sig. Ennio, questo il suo nome, mi chiede informazioni sul mio lavoro e sulla disposizione e l’arredamento delle stanze. La casa è molto più grande di quanto sia in relatà ed è disposta in maniera concentrica, con ogni stanza collegata all’altra da una porta di passaggio. Mostro al sig. Ennio le stanze della casa senza riuscire ad orientarmi in maniera adeguata: al posto del soggiorno trovo la camera da letto e al posto dello studio trovo il soggiorno. I mobili sono appoggiati alle pareti e tutte le stanze sono state sistemate per permettere l’ingresso di molte persone in occasione di una festa che, a giorni, si dovrà tenere in casa mia. Camminando per il corridoio spiego all’anziano negoziante quale sia il mio lavoro e in quali contesti eserciti la mia professione. Dopo aver raggiunto a fatica il soggiorno, molto simile al soggiorno di casa di un mio amico d’infanzia, faccio accomodare il sig. Ennio e osservo con attenzione un gruppo di persone in attesa di cominciare le prove di uno spettacolo teatrale. Un istruttore di capoeira sta spiegando agli attori come sferrare calci volanti. Un ragazzo piuttosto tarchiato e dai movimenti goffi accenna un lento movimento di karate e colpisce inavvertiatamente un grasso attore. Dopo il debole contatto l’attore colpito sviene improvvisamente cadendo a terra senza sensi.Tento disperatamente di farlo riprendere, ma senza ottenere risultati. Seduto su di una poltrona vicino alla porta del soggiorno, l’anziano negoziante osserva in silenzio la scena.