La grande onda

Sono in una boutique molto particolare, presumibilmente in un posto di mare. Sono con mia sorella e F. per cercare un gioco da regalare a mia figlia. Il negozietto è pieno di giochi “di una volta”, fatti in legno, molto semplici, del tipo dama cinese per intenderci.

Mi allontano dal reparto giochi per andare nella saletta dedicata agli oggetti di arredamento. Lampade variopinte su comodini sono in bella mostra e una finestra aperta adornata con tende colorate semi trasparenti lascia entrare un’aria e della luce molto piacevoli.

Torno al reparto giocattoli e vedo S. che ha appena comprato, per suo figlio, un dinosauro (piu o meno) in legno da costruire. Noto ben distintamente due asticelle di legno che per me sono le zampe. In effetti subito dopo noto all’estremità di esse una forma ovale di gomma traslucida e dico che sono le rotule.

Poco dopo mi ritrovo a raccogliere da terra svariati piccoli pezzi di non so bene cosa. Tra queste cose che raccolgo ci sono anche delle viti ed alcune di esse, essendosi mischiate con la sporcizia che stava sul pavimento in cemento, vengono individuate e tirate su a fatica anche perchè ho gia le mani piene di roba e non c’e’ piu posto per altre cose, seppur della dimensione di una piccola vite. Nel frattempo se ne sono andati tutti e con molta fatica, finito di raccogliere anche l’ultima vite, li raggiungo di fuori.

Mi ritrovo su una spiaggia, lontano da S. e mentre cerco di raggiungerlo con passo normale noto che il mare è mosso. Nello stesso istante in cui penso che sia perfetto per la pesca a surf casting le onde si ingrossano a dismisura raggiungendomi quando, sempre con le mani piene di roba, avevo quasi raggiunto il mio amico (che si trovava su un rialzo naturale al riparo dalle onde). Una prima onda mi avvolge la vita, “neanche troppo violenta” penso… quando arriva una seconda onda alta il triplo di quella precedente ed io, prontamente, mi immergo in acqua per subire meno l’impatto.

Mi sveglio

Alessandra

Aveva deciso di lanciarsi senza paracadute, io forse avrei potuto impedirlo ma non lo feci. La guardai gettarsi nel vuoto, guardai il caschetto, i capelli biondi, il vestito blu. Mi gettai anch’io. L’aria era violenta e gli occhi faticavo a tenerli aperti. Un cavo oscillava furiosamente sotto di me, strattonando e frustando l’aria. Lì era appeso il paracadute per Alessandra.

Lei avrebbe dovuto cercare di agganciare il cavo, raggiungere il paracadute, indossarlo e aprirlo. Se fossimo state troppo vicine a terra avrebbe anche potuto tentare di raggiungere direttamente il paracadute, non so. Comunque non fu questo il problema.

Vidi il suo corpo a pochi metri sotto di me: manteneva una posizione orizzontale e alata. Quando fu abbastanza vicina al cavo tese le mani in avanti, formò una specie di abbraccio. Poi le sue braccia si aprirono e lei fu trascinata un po’ più giù e un po’ più lontana. Precipitavamo entrambe ancora abbastanza lentamente.

All’inizio cercai di raggiungerla. Il mio corpo mi faceva sembrare il tentativo possibile. Quando me la trovai vicina lei alzò il viso verso di me, come se avesse intuito la mia presenza. Poi si allontanò di nuovo. Non venni giù rovinosamente ancora per un po’: l’aria mi cullava, mi sosteneva. Lo stesso non si poteva dire di lei, finché non la persi di vista.

Intorno a me era un susseguirsi di colline: all’inizio mi apparvero come un’indistinta massa di verdi e marroni, poi iniziai a riconoscere il tracciato dei fiumi e dei torrenti, la forma dei boschetti che li costeggiavano, il colore fermo dei campi appena arati. Lei non c’era, né intorno a me, né sotto, né altrove. Sotto di me era pianura, era il suo paracadute ancora agganciato a me. Lei continuava a non esserci, c’era solo una macchia scura che precipitava sempre più rapida verso il basso, verso il paese, le case, i cortili, un albero, il cemento.

Mi restò il tempo di ricordare l’espressione dei suoi occhi, frutto del bisogno che aveva avuto di noi, della certezza che non l’avrei lasciata sola, del suo docile abbandonarsi.

Alessandra attribuiva completa fiducia a quelli cui concedeva il potere di salvarla. Non trovai nessun motivo per aprire il mio paracadute.