La lotta tra il serpente e il pappagallo

Sono nella casa di campagna dei mei suoceri. Scopro che al piano superiore la sorella di B. ha fatto costruire un terrario per rettili. Ci sono molti serpenti di differenti tipi disposti in cerchio. Noto che il terrario ha dei bordi non molto alti e mi preoccupo per l’eventuale fuga dei rettili verso gli ambienti abitati della casa. Capisco che  la sorella di B. ha voluto i serpenti in casa perché mangiassero i topi e gli insetti che avrebbero messo in pericolo i suoi cani. Ad un certo punto un pappagallo molto colorato (rosso, giallo e verde) si posa su di un ramo del terrario. Sono preoccupato che un serpente possa attaccarlo. Così accade. Il pappagallo si dimena spaventato e , nel tentativo di divincolarsi, cade per terra fuori dal terrario insieme al serpente che lo bracca con le forti mandibole. E’ una scena cruda e cruenta. Tento di salvare il pappagallo ma alla fine il serpente ha la meglio. Mi sveglio piuttosto agitato.

La grotta

Sono in montagna. Una specie di insetto volante mi vola sopra la testa e scende in picchiata verso di me. E’ il custode di una grotta tra le montagne.  Appena l’insetto si avvicina lo colpisco al cuore con una specie di martelletto per vampiri. Mentre l’insetto spira tra le rocce con il paletto piantato nel corpo, mi rendo conto che il mio gesto ha solo accelerato un processo inevitabile che lo avrebbe comunque portato alla morte.

L’assenza dell’insetto custode mi dà la possibilità di accedere alla grotta dove un bambino è stato nascosto per anni. Entro. Ci sono molti gatti a fare la guardia davanti al bambino. Mi faccio avanti con il timore che i gatti mi possano assalire. Mentre cammino, i felini, invece di attaccarmi come temevo, si fanno da parte e si mettono ai lati del corridoio basso e umido dalle mura di pietra.

Tra i miagolii dei gatti sento piangere un bambino. Mi avvicino mentre i gatti mi guardano con rispetto aprendomi progressivamente la strada.

Davanti a me un bambino biondo. Lo prendo per mano e lo conduco fuori dalla grotta.

La luce del giorno è molto forte per gli i fragili occhi del bambino, da sempre abituati al buio. Dopo poco tempo il bambino apre le palpebre e mi guarda intensamente con i suoi grandi occhi azzurri.

Foto ricordo e autoerotismo

Sono nel giardino della casa in Toscana, sono appena arrivato e mi metto subito a sistemare un fazzoletto di terra che sta prima del ponticello, infestato da ortica e altre piantacce. Sradica qua, sradica la, il mio operato porta alla luce delle piccole uova decorate e alcuni ovetti Kinder…

Capisco subito che mio padre li ha nascosti li, sotto le erbacce, per poi poter fare una sorpresa quindi mi affretto a ri-piantare le erbacce, compresa l’ortica che pero’ non punge, affinche’ la sorpresa non venga rovinata.

Più in là nel tempo incontro mio padre, sempre nel giardino, che mi confessa di aver nascosto le uova e, dopo avergli raccontato la mia “scoperta”, ridiamo indicando le erbacce.

Mi ritrovo in una sorta di centro commerciale, alla mia sinistra una scalinata, per terra moquette forse blu, di fronte a me un uomo pelato con andatura frettolosa mi raggiunge. Lo guardo bene e riconosco in lui Patrick Stewart, l’attore che impersonifica Jean-Luc Picard, il comandante dell’Enterprise in Star Trek TNG.

Eccitato dal fatto cerco di fermarlo e gli chiedo se ci possiamo fare una foto insieme, un po’ a gesti, un po’ a parole. Lui dapprima dice di no, poi gli faccio capire che mi accontento di una sola piccola foto. Accetta, si ferma ma mantiene la frettolosità, io intanto mi rendo conto di non avere né un cellulare né tanto meno una macchinetta fotografica e allora, mentre ci mettiamo in posa, cerco, con lo sguardo e anche con la voce, qualcuno che possa immortalare questo evento.

Nel mentre noto sul viso dell’attore, poco sotto il labbro inferiore, una macchia rossa che si protrae fino al busto (probabilmente il ricordo della sua divisa da capitano elaborato male) e mi preoccupo del fatto che chi vedrà la foto riderà di questa cosa… Inoltre rimugino sul fatto che me lo aspettavo più alto.

E’ ora di andare via dal “centro commerciale” ma la mia attenzione viene catturata da una videoteca posta in cima ad una balconata. Decido di visitarla.

Arrivo in prossimità della videoteca ma invece di salire verso la balconata devo scendere delle scale mobili di colore giallo chiaro molto lunghe. Le imbocco senza indugio ma mi pento quasi subito quando, arrivando verso la fine, noto che lo spazio tra la mia testa e il soffitto diventa sempre piu piccolo. In effetti le scale mobili non mantengono la stessa distanza dal soffitto per tutta la loro lunghezza e arrivato alla fine del percorso devo letteralmente sdraiarmi sulle scale per non fare la fine del sorcio.

Riesco, con molta paura e fatica, ad arrivare dove dovrebbero esserci i film in noleggio ma al posto degli scaffali trovo delle salette con delle tende blu dove probabilmente vengono proiettati i film. Ci rimango poco anche perche’ l’aria condizionata e’ a palla e sto morendo di freddo, decido quindi di risalire dall’altra parte.

La risalita e’ molto meno difficoltosa. Alla fine delle scale vendono delle piante molto particolari, tropicali oserei dire. Piove.

Mi ritrovo nello stesso punto in cui ho incontrato Patrick Stewart ma questa volta sono all’esterno. Sono eccitato e mi apparto in un bagno pubblico giapponese.  Una volta entrato mi assicuro che la porta sia chiusa, mi avvicino allo specchio che pero’ e’ una finestra dalla quale si dovrebbe vedere la piscina. Mi affaccio ma noto che la piscina si trova svariati piani sotto quello del bagno e per riuscire a vederla mi devo sporgere un bel po’. Sul muro di fronte posso vedere le finestre di altri appartamenti. Mi ritiro dentro pensando a come si viva male in Giappone…

Mi siedo sul bordo della vasca da bagno e inizio a praticare dell’autoerotismo con la bocca, con piacere ma sprattutto con grande stupore… Dopo un po’ noto con la coda dell’occhio degli insettini che razzolano per il bagno. Li noto anche sul lavandino, sullo specchio e in poco tempo mi rendo conto che sto bagno fa veramente schifo.

Esco e mi ritrovo vestito solo dei miei boxer rossi con i pesciolini seduto alla scrivania di casa che pero’ e’ posizionata di fronte alla testata del letto. Sento aprire la porta d’ingresso. E’ F. che ritorna e mi dice che sta con M. (nella realta’ una mia collega che non conosce) e mi prende un colpo perche’ sto in mutande.

Arrivano nella stanza dove mi trovo ma la scrivania si e’ trasformata nel letto e non mi preoccupo piu di farmi vedere in boxer dalla mia collega poiche’ sono coperto dal piumone. M. fa i complimenti per l’arredamento.