Dopo un’excursus lungo i corridoi di un’ospedale mi ritrovo al piano terra di casa mia in Sicilia abitata prima dai miei nonni. Era stato fatto qualche errore con il ricovero di una paziente non adeguatamente seguita, io ero un po’ nervoso ed ero in apprensione per quello che poteva succedere. Scendono dei parenti della ricoverata che vorrebbero delle spiegazioni, e con un tono poco scevro da nervosismo mi salutano chiamandomi Dr Stuzzicone (sono infastidito perché hanno storpiato il mio cognome) e mi chiedono ragguagli sulla loro parente, sul parto…
Realizzo che l’intervento fatto era una gravidanza portata a termine… Sono curioso di conoscere il bambino.
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La fabbrica della carta
Andavo verso uno stand di giornali dove vendevano un quotidiano alternativo fatto con carta riciclata da libri… Ed io anche se d’accordo con il riciclo della carta mi opponevo al fatto che “i promessi sposi” e bellissimi capolavori come questo, erano stati usati per riciclare la carta per quella nuova rivista… Quasi in contemporanea vedevo nella fabbrica, il processo di sbiancamento delle parole nella carta che diventava un impasto che serviva per i nuovi fogli bianchi del giornale… Ma tutto questo era imposto
Andiamo al bar!
Io e mia madre stavamo seduti su un divano della ctr. Mia madre era venuta a vedere dove lavoravo e stavamo parlando di qualcosa che non ricordo. Ecco che arriva N. La vedo e vado a salutarla. Aveva un grosso pancione ed io pensavo che in quel momento doveva stare in ospedale per il parto. Mi invita a prendere qualcosa al bar, così le dico di aspettare…
Vado da mia madre preoccupato di averla lasciata sul divano da sola ed invece la trovo che nel frattempo stava parlando con un utente della ctr. Noto solo adesso il vestito di mia madre, un vestito lungo leggero e a pallini neri su fondo bianco. Questo vestito le dava un tono più energico e giovanile. Volevo dirle se poteva aspettarmi, poi mi fermo e mi giro verso N. ma non la vedo… tutto si ferma lì… così.
La visita a casa del Dr. G.
D. ed io facciamo una visita al dr.G. Avvicinati al suo palazzo sembra essere arrivati davanti ad un negozio dentro ad un centro commerciale. L’unica differenza è che l’entrata ha un portone normale simile a quella di un condominio. Davanti casa sua vi è tanta gente che va in giro. Il dr. G. con la moglie , una signora alta e bionda, ci accoglie con un gran sorriso e ci fa accomodare dentro casa.
Entriamo e subito noto come la stanza sia piena di scaffali e cristalliere con molti oggetti, molti di questi antichi. Il dr. G. mi invita a scendere e vedere il piano inferiore così seguendomi mette una mano sul mio capo e iniziamo a scendere. Non scendiamo però lungo le scale, ma andiamo sopra un grosso geode di cristallo con molte facce e dal cui centro si irradiava una forte luce.
Nella discesa al piano inferiore noto che il tetto è ricoperto di specchi e vetri contenenti altri oggetti, tamburi, libri antichi, oggetti di cui non conosco ne l’origine ne il possibile uso, testimoni però di una conoscenza ancestrale ma ignota. Aspetto che scendano anche D. con la signora.
Eccoci al piano seminterrato. Una stanza molto simile alla prima ma con un vecchio tavolo ed una sedia al centro, sopra di essi una serie di catene, ed altri oggetti di ferro… La visita della casa continua e vedo girandomi con lo sguardo un balcone che dava su un esterno illuminato a giorno. Tuttavia il dr. G. mi invita a vedere un altra parte della stanza così vengo distolto da quel balcone… Mi affaccio così da un altro balcone e vedo un enorme mappamondo che pian piano modifica la sua forma: da sfera a piramide.
…Mi ritrovo da un altra parte con delle persone a guardare in una TV a tubo catodico di quelle con l’antennina e lo schermo bombato. Guardiamo e qualcuno commenta le immagini della sedia e del tavolo viste nella prima parte del sogno.
Etna
Avevo un desiderio …correre e risalire i tornanti dell’Etna. Alcune persone, che avevo l’impressione fossero degli amici, mi consigliavano di non andare, avvertendomi delle impervie condizioni delle strade di risalita del monte, piene di neve e ghiaccio.
Io vado comunque…mi dirigo con la macchina verso l’Etna e mi fermo in una piazzola vicino ad una strada che iniziava la salita per il vulcano. La strada proprio in quel punto iniziava ad essere innevata e sembrava che scorresse dell’acqua.
Mi preparo… pantaloncini, calze e scarpe da ginnastica, ed inizio la salita. Lungo i tornanti inizio a percorrere con difficoltà il ghiaccio e la neve.
L’acqua, che scorreva prodotta dal ghiaccio che si scioglieva, mi inzuppava le scarpe e questo pian piano diventava molto difficile da tollerare… così alla fine prendo la decisione di tornare indietro.
L’edificio in cemento armato
…una panoramica mi mostra un edificio in fase di costruzione. L’edifico è posizionato in una vallata circondata da una fitta vegetazione. La struttura non ha tanti muri, perchè ancora da costruire, ma possiede diversi pilastri portanti. Tutto comunque sembra ancora rustico.
…ecco che pian piano la visuale si restringe sempre di più focalizzando due persone che passeggiano tra le stanze dell’edificio.
… Io e D… camminando vicini ci avviciniamo ad una stanza con le pareti in cemento (una delle poche stanze con le pareti), pareti grigie non ancora rifinite. La stanza non ha finestre, e la luce sembra entrare solo dalla grande porta da dove siamo entrati noi. La luce è una luce diffusa e fioca. La stanza ha anche una porta di metallo (simile ad una porta a scorrimento)
lascio che D. entri dentro e non appena si gira verso di me io chiudo la grossa porta di ferro tra noi… mentre chiudo la porta noto lo sguardo attonito di D.
Il Samurai e le sub-papere
Sono un samurai giapponese, il signore di un palazzo che si affaccia su un lago. dentro la mia residenza vi sono delle inservienti e una donna ninja. Io vestito con tipici indumenti dell’epoca nippo-medioevale, con lunghi capelli lisci e le ciabatte infradito.
Mi dirigo verso la porta a due ante che dà sulla terrazza, apro e mi trovo in un balcone ampio e coperto da un tetto sorretto da colonne di legno come il pavimento e la ringhiera. La terrazza era una palafitta sul lago. Il lago si stendeva fino all’orizzonte e solo le montagne lontane lo delimitavano.
Mi dirigo verso un punto di luce nel terrazzo, probabilmente formato dai raggi del sole, intento a voler trovare il centro del balcone dove potermi sedere per meditare…noto però che il punto di luce non era il centro, che stava invece a circa un metro sulla sinistra ed era rappresentato da un quadrato di legno sulla pavimentazione. Il quadrato centrale aveva dei piccoli quadrati agli angoli. Mi siedo li nella classica posizione del loto…
A questo punto il balcone sembra restringersi ed io mi trovo seduto davanti al bordo contemplando il lago. Chiudo gli occhi come per concentrarmi ma diventa difficile, sono infastidito, riapro gli occhi e vedo due papere che nuotano nel lago. Una si immerge, sembrano intente a pescare in un acqua verde, sporca. Una cosa mi attira di loro…hanno delle maschere da nuoto agli occhi ed io le giustifico adducendo ad un loro adattamento alle acque inquinate.
Quel lago era sempre stato il lago sotto al mio palazzo e non sopportavo di vederlo così inquinato…cerco comunque di concentrarmi poichè dovevo prepararmi… a cosa?
Riapro gli occhi e da lontano vedo emergere dalle acque una testa di donna fermandosi all’altezza del naso: i capelli arruffati neri e corti e due occhi che si nascondevano dietro l’ombra delle arcate sopraccigliari.
Capisco perchè mi stavo concentrando…Subito balzo all’indietro con una capriola e mi dirigo verso le stanze dove ho le mie armi. Dentro un mobile prendo una spada di tre. la più corta. Il pericolo tuttavia non è ancora ne imminente ne tangibile. Le spade non erano proprio lame katana, ma sembravano più dei coltelli del pane di diversa lunghezza e seghettati con il manico bianco…
Il bignè
La luce filtrava dal sottobosco creando fasci arancioni che tentavano di rischiarare la parte in ombra. Lì finiva un sentiero stretto. Ai lati di esso alberi e piante tutte in controluce…
Il grosso bignè con il cappello di stoffa blu si spostava lungo il sentiero. Vicino alla parte in ombra, il bignè inizia a perdere dei pezzi, che come se fossero dotati di coscienza si muovono verso una pianta…
La pianta aveva il busto che finiva su delle radici esterne che sprofondavano nel terreno solo di poco. I pezzi di bignè la intaccano e la infiammano facendola contorcere.