Cadere

Sono all’interno di un palazzo in via di ristrutturazione, polvere e odore di solvente contaminano l’aria. C’è il mio datore di lavoro che indaffarato da ordini agli operai . Decido di uscire da una porta anonima che mi porta su una terrazza fatiscente, posta all’apice di una collina. C’è una vista meravigliosa, il cielo limpido si tuffa nel mare creando un’armonia di colori . Vado a sedermi sul bordo mezzo diroccato di questa terrazza. Accanto a me c’è una donna che guarda il panorama, ha dei lunghi capelli bianchi raccolti in una treccia che le avvolge la testa. Mi guarda e mi chiede cosa voglio fare. Le rispondo che voglio solo guardare questo spettacolo.  Di lì a poco mi sento scivolare in avanti e precipito, lentamente la brezza mi da un’assetto e planandomi come un aeroplanino di carta mi porta verso la costa. Nel passare vedo campi coltivati che dal verde acceso passano al color sabbia della spiaggia. Prima di arrivare al  perimetro del mare riesco ad aggrapparmi ad un masso enorme. Nel penzolare mi rendo conto che questo non è un masso qualsiasi ma ha una forma. E’ un piede gigante. Dita grandi come palazzi  ricoperte di ferro. Sono atterrita dall’altezza ma non posso rimanere lì…! Prendo coraggio e come un free climber riesco a scendere. Mentre scendo con cautela vedo degli occhielli metallici che spuntano fuori. Mi fanno capire che io non sia la sola ad essere atterrata lì. Arrivo fino alla base del tallone ma lo spazio che mi separa dal suolo è troppo alto.  Decido di saltare, o la va o la spacca. Prendo un bel respiro e mi lascio cadere. Atterro facendo un capitombolo, illesa ma piena di sabbia mi siedo volgendo lo sguardo a questo mare a me sconosciuto.

Il seminterrato

Sono nel seminterrato di via Madonna dei Monti che tanto tempo fa affittai con alcuni amici.

Io e C. abbiamo deciso di affittare l’appartamento (completamente da ristrutturare) con l’intenzione di aprire uno studio.

C’è molto da fare: buttare vecchi mobili, sistemare il bagno, dipingere le pareti, comprare un deumidificatore, ecc.

Il seminterrato è molto umido e pieno di muffa. Decido di salire su di una sedia e aprire le finestre che si trovano nella parte alta delle pareti di ciascuna stanza. Le persiane sono incastrate e coperte di ragnatele. Spingo per aprirle. Alcune persiane si aprono e altre si rompono lasciando passare la luce del sole. Sento un calore rigenerante che presto farà sparire l’umidità e la muffa sui muri. Entra anche una leggera brezza che mi rende sereno e mi fa pensare che presto l’odore di chiuso svanirà lasciando il posto a nuovi profumi.

C. ed io siamo molto contenti di iniziare insieme questa nuova avventura professionale.

Vampiri

Mi trovo in una località di mare e passeggio sul lungomare. incontro per caso Giacomo Farioli, un ragazzo che cantava con me nel coro di scuola che mi invita per la sera stessa ad andare a una festa.

La festa si svolge in una villa rinascimentale, ed è necessario indossare un mantello rosso per poter entrare.

La festa si svolge all’interno di un enorme salone illuminato solo da luce naturale che entra da un’enorme finestra sul lato lungo del salone.

In mezzo al salone, una massa informe di gente che si contorce in una specie di orgia, son tutti mezzi nudi, e tutti un pò sporchi di sangue.

Allungano le mani verso di me, chidendomi pietà, e chiedendomi se possono mordermi. la massa informe di persone si contorce: hanno rapporti sessuali: una vera e propria orgia di sesso e sangue.

Riesco a liberarmi dalla loro presa, e fuggo in una specie di cunicolo illuminato da torce appese alle pareti, e mi guida in questa fuga, Giulio Sganga, un mio amico della piscina.

Alla fine di questo cunicolo, Giulio mi indica una porta e mi dice di scappare e di non voltarmi mai indietro.

Appena varco la soglia, mi ritrovo in un giardino ed è giorno. il giardino però è un’enorme discarica di rifiuti, e nel mezzo del giardino c’è una fontana ormai spenta in cui l’acqua imputridisce e un orrendo odore mi entra nel naso.

Lì accanto alla fontana vedo una piccola capanna costituita da 4 bastoni che sorreggono un telo sudicio. sotto questo telo riconosco una donna sdraiata a in posizione prona ma con la testa girata al contrario, come regan dell’esorcista. ha gli occhi ricoperti dalle cataratte per cui sono quasi bianchi. la riconosco, è Margherita Buy (????), che intona una canzone che mi fa accapponare la pelle. Un senso di inquietudine mi pervada. poi comincia a parlarmi, ma io ho il solo desiderio di trovare una via di fuga.

Mi sveglio.

Da Campo de Fiori a Piazza Vittorio

Sono dalle parti di Campo de’ Fiori in compagnia di un gruppo di amici che nella realtà non conosco affatto. Ho diciassette anni e il mio vestiario ed i miei atteggiamenti corrispondono a quelli di un tempo. Roma è invasa da morti viventi e le persone scappano terrorizzate alla ricerca di un posto sicuro dove passare la notte.

I miei amici hanno parcheggiato in piazza i loro motorini e mi propongono di correre fino al parcheggio per poi scappare e metterci in salvo. Correndo per le vie del centro, un gruppo di ragazzetti tende un agguato ad uno zombie rimasto da solo massacrandolo di botte. Un panettiere, spingendo una carriola, insegue il suo cane nel tentativo di fermare la sua corsa verso zone pericolose infestate dagli zombies.

Il panettiere corre fino a quando si accorge di essere entrato in una zona troppo pericolosa per lui. Decide quindi di fermarsi e, con enorme dolore, di non correre il rischio di essere ucciso per salvare il suo cane. Critico il comportamento del panettiere poi, riflettendo meglio, ipotizzo che, se fossi stato nella sua stessa situazione, avrei probabilmente agito nella stessa maniera. Arrivati davanti ai motorini, mi accorgo che il mio amico possiede un vecchio Benelli a marce con la sella corta.

Domando al mio amico come creda di poter scappare con un veicolo del genere e ragiono sulla effettiva difficoltà di sedersi in due su quel mezzo. Alla sinistra del Benelli scorgo uno scooter cinquanta, rapido e scattante, con le chiavi d’accensione inserite. So che si tratta del motorino di uno degli amici del mio amico e, nonostante sappia che servirà a lui per fuggire e sopravvivere, decido di rubarlo e scappare più in fretta possibile. Iniziata la fuga, mi ritrovo nuovamente a Campo de Fiori, senza motorino, in compagnia degli amici, come se il furto l’avesse compiuto un’altra persona. Ci rifugiamo dentro una scultura in rame dalla forma circolare.

Un panettiere/cameriere ci serve un pezzo di pizza bianca del forno di Campo de’ Fiori. Dividiamo equamente la razione di cibo, consapevoli della difficoltà di rintracciare alimenti in una Roma invasa dai morti viventi. Davanti a noi una ragazza alta con i capelli rossi ed una ragazza cinese, truccate da zombie, sono in attesa di entrare in un negozio di fotografia per ottenere un impiego.Ci accorgiamo che le ragazze sono truccate e che probabilmente sono delle attrici appena uscite da un set cinematografico. Le ragazze entrano e ascoltano il discorso del proprietario del negozio (molto simile al mio amico P.P.) il quale spiega ad un nutrito gruppo di persone quali siano le caratteristiche ideonee per poter ottenere il posto di lavoro.

Terminato il discorso il ragazzo si intrattiene a lungo con la ragazza truccata da zombie. Parlano per un po’ di tempo, scherzano, flirtano e poi iniziano a baciarsi e a fare l’amore. Pochi secondi dopo mi accorgo di uno strano pulsare nelle vene del piede della ragazza. Capisco che a breve si trasformenrà in un terribile mostro.Nel momento in cui lo zombie appare, l’immagine della ragazza si sdoppia in una parte buona e a fuoco e in una parte cattiva sfocata e trasparente. Il ragazzo si chiede come sia possibile che, dopo aver fatto l’amore, la ragazza possa desiderare di ucciderlo. La parte buona della ragazza, sentendo tali pensieri, si sforza di fermare la parte zombie. La lotta è molto faticosa, ma la ragazza ottiene una schiacciante vittoria sulla parte cattiva salvando il ragazzo da una morte sicura. La scena cambia radicalmente.

Sono a P.zza Vittorio e acquisto due periodici dedicati ai alle macchine d’epoca. In entrambe le copertine spiccano due modelli perfetti di opel Kadett 1000, la mia prima macchina ricevuta in eredità da mio nonno. A Largo Brancaccio un gruppo di persone di origine filippina è radunata a bere birra e chiacchierare. Davanti a me una perfetta Opel Kadett di colore azzurro. Mi avvicino timidamente e chiedo chi sia il proprietario del veicolo d’epoca. Spero così di riuscire ad entrare nuovamente in una Opel Kadett per ammirarne i sedili, il quadro, il volante e respirare l’odore che sentivo quando ero poco più che adolescente dentro la mia macchina.

Un ragazzo cinese/indiano dalla faccia simpatica mi racconta la sua passione per la Kadett, come curi con grande attenzione la carrozzeria ed il motore. Mi racconta di vivere dalle parti di Cinecittà e di come sia difficile spostarsi per Roma con un veicolo così antico e prezioso. Mostro al ragazzo le due riviste, dalla forma bizzarra di pila/supposta, e domando quale sia l’anno di immatricolazione del veicolo. “1975 o 1976?” chiedo “1976” risponde il ragazzo. Stringiamo un’amicizia che mi sorprende per la vicinanza di interessi nonostante l’apparente diversità culturale.