Spazi separati

Sono con S. nella nostra casa e ci rendiamo conto che abbiamo a disposizione tre terrazzi di cui prima non c’eravamo mai accorti. Sono sul tetto del palazzo, assomigliano ai terrazzi che ci sono nella vecchia casa di nonna e sono mpolto contenta. Penso subito che ci potremo mettere tutte le piante che abbiamo che invece a casa soffrono un pò. Dentro casa c’è un gran caos, gente che arriva, Z e I, A e F, altri amici, scarpe ovunque. E’ estate e ci si diverte. Poi S. si ricorda che oggi inizia nuovamente a lavorare e che alle 16 30 arriverà un p. Gli dico che è tutto un pò in disordine e lo avviso che ha anche suonato prima del previsto. Lui non sembra preoccupato. Quando arriva la p.lui la fa aspettare e non chiude la porta dello studio. lei vede che è una casa, con tutte le cose in disordine. Mi dà fastidio, penso che sarebbe bello avere lo studio fuori.

Mandorli

Sono a casa dei miei in montagna,  nel giardino,  hanno creato una sorta di grossa aiuola quadrangolare. Su ogni lato è stato piantato un mandorlo. Mio padre vuole spostarne uno. Dice che è stato posizionato troppo vicino alla casa e le radici potrebbere danneggiarla.

Iniziamo a discutere, gli dico ” E’ possibile che queste piante non vengano mai lasciate in pace “. Credo sia meglio lasciarlo dov’ è, tanto è una pianta piccola, e alla fine me la da vinta.

Foto ricordo e autoerotismo

Sono nel giardino della casa in Toscana, sono appena arrivato e mi metto subito a sistemare un fazzoletto di terra che sta prima del ponticello, infestato da ortica e altre piantacce. Sradica qua, sradica la, il mio operato porta alla luce delle piccole uova decorate e alcuni ovetti Kinder…

Capisco subito che mio padre li ha nascosti li, sotto le erbacce, per poi poter fare una sorpresa quindi mi affretto a ri-piantare le erbacce, compresa l’ortica che pero’ non punge, affinche’ la sorpresa non venga rovinata.

Più in là nel tempo incontro mio padre, sempre nel giardino, che mi confessa di aver nascosto le uova e, dopo avergli raccontato la mia “scoperta”, ridiamo indicando le erbacce.

Mi ritrovo in una sorta di centro commerciale, alla mia sinistra una scalinata, per terra moquette forse blu, di fronte a me un uomo pelato con andatura frettolosa mi raggiunge. Lo guardo bene e riconosco in lui Patrick Stewart, l’attore che impersonifica Jean-Luc Picard, il comandante dell’Enterprise in Star Trek TNG.

Eccitato dal fatto cerco di fermarlo e gli chiedo se ci possiamo fare una foto insieme, un po’ a gesti, un po’ a parole. Lui dapprima dice di no, poi gli faccio capire che mi accontento di una sola piccola foto. Accetta, si ferma ma mantiene la frettolosità, io intanto mi rendo conto di non avere né un cellulare né tanto meno una macchinetta fotografica e allora, mentre ci mettiamo in posa, cerco, con lo sguardo e anche con la voce, qualcuno che possa immortalare questo evento.

Nel mentre noto sul viso dell’attore, poco sotto il labbro inferiore, una macchia rossa che si protrae fino al busto (probabilmente il ricordo della sua divisa da capitano elaborato male) e mi preoccupo del fatto che chi vedrà la foto riderà di questa cosa… Inoltre rimugino sul fatto che me lo aspettavo più alto.

E’ ora di andare via dal “centro commerciale” ma la mia attenzione viene catturata da una videoteca posta in cima ad una balconata. Decido di visitarla.

Arrivo in prossimità della videoteca ma invece di salire verso la balconata devo scendere delle scale mobili di colore giallo chiaro molto lunghe. Le imbocco senza indugio ma mi pento quasi subito quando, arrivando verso la fine, noto che lo spazio tra la mia testa e il soffitto diventa sempre piu piccolo. In effetti le scale mobili non mantengono la stessa distanza dal soffitto per tutta la loro lunghezza e arrivato alla fine del percorso devo letteralmente sdraiarmi sulle scale per non fare la fine del sorcio.

Riesco, con molta paura e fatica, ad arrivare dove dovrebbero esserci i film in noleggio ma al posto degli scaffali trovo delle salette con delle tende blu dove probabilmente vengono proiettati i film. Ci rimango poco anche perche’ l’aria condizionata e’ a palla e sto morendo di freddo, decido quindi di risalire dall’altra parte.

La risalita e’ molto meno difficoltosa. Alla fine delle scale vendono delle piante molto particolari, tropicali oserei dire. Piove.

Mi ritrovo nello stesso punto in cui ho incontrato Patrick Stewart ma questa volta sono all’esterno. Sono eccitato e mi apparto in un bagno pubblico giapponese.  Una volta entrato mi assicuro che la porta sia chiusa, mi avvicino allo specchio che pero’ e’ una finestra dalla quale si dovrebbe vedere la piscina. Mi affaccio ma noto che la piscina si trova svariati piani sotto quello del bagno e per riuscire a vederla mi devo sporgere un bel po’. Sul muro di fronte posso vedere le finestre di altri appartamenti. Mi ritiro dentro pensando a come si viva male in Giappone…

Mi siedo sul bordo della vasca da bagno e inizio a praticare dell’autoerotismo con la bocca, con piacere ma sprattutto con grande stupore… Dopo un po’ noto con la coda dell’occhio degli insettini che razzolano per il bagno. Li noto anche sul lavandino, sullo specchio e in poco tempo mi rendo conto che sto bagno fa veramente schifo.

Esco e mi ritrovo vestito solo dei miei boxer rossi con i pesciolini seduto alla scrivania di casa che pero’ e’ posizionata di fronte alla testata del letto. Sento aprire la porta d’ingresso. E’ F. che ritorna e mi dice che sta con M. (nella realta’ una mia collega che non conosce) e mi prende un colpo perche’ sto in mutande.

Arrivano nella stanza dove mi trovo ma la scrivania si e’ trasformata nel letto e non mi preoccupo piu di farmi vedere in boxer dalla mia collega poiche’ sono coperto dal piumone. M. fa i complimenti per l’arredamento.

Ancora in viaggio

Sono con F., passeggiamo di notte in una specie di giardino o vivaio pieno di piante, anche di alto fusto. Fra noi c’è un rapporto affettuoso. Dobbiamo partire: verso Civitavecchia (per me legata alla mia prima infanzia, alla famiglia di origine e, negli ultimi tempi, in particolare a mio padre), oppure verso Rieti (città di un mio ex fidanzato col quale avevo fatto fantasie di matrimonio e che ho sempre sentito contrapposto a mio padre).

Usciamo dal giardino e ci avviciniamo alla macchina, è la vecchia Lancia Dedra di mio padre (la prima su cui mi ha permesso di mettere le mani, era molto geloso delle sue macchine, e lo sentii come un primo segnale del suo invecchiare).
A questo punto c’è una controversia su chi deve guidare: vuole farlo mio padre, ma io non mi fido della sua guida, è troppo vecchio; alla fine raggiungiamo una mediazione, lui guiderà all’andata (e in effetti lo fa con una certa perizia), ma io guiderò al ritorno. Partiamo, io, F. e mio padre: peccato che non sappia per dove!

Il bignè

La luce filtrava dal sottobosco creando fasci arancioni che tentavano di rischiarare la parte in ombra. Lì finiva un sentiero stretto. Ai lati di esso alberi e piante tutte in controluce…

Il grosso bignè con il cappello di stoffa blu si spostava lungo il sentiero. Vicino alla parte in ombra, il bignè inizia a perdere dei pezzi, che come se fossero dotati di coscienza si muovono verso una pianta…

La pianta aveva il busto che finiva su delle radici esterne che sprofondavano nel terreno solo di poco. I pezzi di bignè la intaccano e la infiammano facendola contorcere.

Campo di grano

Lungo una strada, al suo bordo correva un muretto al di là del quale vi era un praticello con strane piante; colorate, a riccio, rose molto grandi con un gambo lungo molto simili a fusti di cactus. Lungo il muretto correva una strana trebbiatrice; una ruota girava percorrendo il muretto e smuoveva una macchina taglia erba molto grande. Stava macinando tutto il prato! Mi affretto a raggiungere la parte ancora non tagliata dal macchinario. Sono preoccupato che possa tagliare fin lì. Noto però un masso enorme e levigato e penso rincuorato che così al di là di esso il macchinario non potrà andare, risparmiando dalla distruzione la parte di prato successiva. Tuttavia la parte di prato rimanente era poca e al di là vi era una staccionata bianca con un campo aperto di grano verde;ed ancora oltre un bosco poi il cielo blu…

Un ragazzo era in compagnia di due ragazze. Una di esse, inizia a disegnare su dei fogli alcuni paesaggi in bianco e nero e li porge al ragazzo. Quest’ultimo si gira verso l’altra ragazza (i colori caratterizzanti l’immagine di lei sono molto più intensi della prima) porgendo i disegni. Lei li prende ed inizia a colorarli con dei colori a pastello. Il risultato finale sono dei disegni con chiazze di colore che rendono quei paesaggi molto belli, intensi, quasi immagini reali ed in movimento. Uno di questi disegni è un campo di grano colorato di giallo (in particolare il giallo del grano risaltava sul bianco e nero del resto del paesaggio).