La visita medica

Sono alla ricerca del centro estetico Ansuini di cui mi hanno parlato molto bene. Passeggio per le strade di una città qualsiasi cercando di raggiungerlo seguendo le indicazioni che mi sono state date poco prima. Arrivo alla fine della strada dove si trova una grande scalinata sul cui lato sinistro sono presenti negozi di vario genere. Inizio a scendere i gradini con lo sguardo rivolto alla mia sinistra certo che da un momento all’altro individuerò il famigerato centro estetico… Passo di fronte alla vetrina di un negozio piccolo piccolo in cui c’è solamente un letto matrimoniale sul quale giace assonnato il commesso. Indossa solamente dei boxer neri e nelle orecchie ha un paio di auricolari collegati ad una presa audio posta sulla testiera del letto, la quale è fatta di assi di legno molto scuro… Mi piace. La posa del tipo non è delle più comode… E’ sdraiato di schiena ma solo per metà, dal busto ai fianchi. Le gambe sono leggermente piegate e poggiate di lato. Il braccio sinistro steso dietro la testa.

Continuo la passeggiata e arrivo in fondo alla scalinata. Molto probabilmente mi trovo su Via Tuscolana, all’altezza di Santa Maria Ausiliatrice. Passo di fronte a dove una volta sorgeva il negozio di abbigliamento “Conestoga”. Al suo posto ora una sorta di centro sportivo. Al suo interno scorgo una persona che conosco e mi fermo, sul marciapiede, davanti al grande cancello scorrevole che è aperto. È P., la mia ex… Si trova su un terrazzino rialzato. La saluto con la mano ma non mi nota. Lo faccio di nuovo ma niente… Al terzo o quarto saluto, quando ormai me ne sto per andare riflettendo su quanto sia tuttora rincoglionita, mi nota… Stupita di avermi rivisto mi dice, da lontano, “Madò come sei giovane!”. Dal momento che non riesco a capire se ha o meno intenzione di venirmi a salutare riprendo a camminare. Dopo qualche passo mi volto indietro e la vedo sul marciapiede ma tiro dritto in quanto non ho tutto sto interesse ad intrattenermi con lei e poi ho un appuntamento per una visita medica e sto facendo tardi.

Arrivo nel posto in cui dovrei fare sta visita. L’entrata è tipo una baita di montagna, di quelle che si vedono nei campi scout dei film. Qualsiasi cosa vedi è fatta di legno… Entro e mi ritrovo in quello che potrebbe sembrare un campeggio. Cerco il gabbiotto delle accettazioni. Lo vedo in lontananza e c’è una fila di persone che fa paura. Mi prende così male che decido che quello è il bar dell’ospedale, di cui non ho bisogno. Problema risolto.
Non ricordo bene che tipo di visita devo fare e tanto meno che disturbo abbia ma mi ritrovo a girare per questa enorme e vasta pineta in cerca del tragitto che mi porti al reparto di cui ho bisogno. In effetti tra gli altissimi pini si diramano dei sentieri, ognuno dei quali conduce ad una differente parte dell’ospedale (se così possiamo chiamarlo). All’inizio di ogni sentiero, sul tronco dell’albero, c’è una targhetta con su scritta la specializzazione del reparto a cui si arriverà se si imboccherà quel percorso. Decido di avvicinarmi ad un sentiero in particolare, se non altro per vedere dove porti, ma vengo rallentato da una serie di rami intrecciati l’uno con l’altro. Mi ritrovo incastrato. Con me altre persone, indecise anche loro sul da farsi. Ci lamentiamo della penosità del servizio sanitario.

Mi volto verso il baretto e noto con piacere che la lunghissima fila si è ridotta notevolmente. Ci sono infatti solamente tre o quattro persone. Decido di raggiungerlo per fare sta benedetta accettazione, nonostante sia ancora convinto che sia un baretto… Arrivato di fronte al bancone chiedo una bottiglietta d’acqua e comunico alla signora che mi sta servendo il motivo per il quale mi trovo lì così da poter ricevere qualche informazione utile a capire quale sentiero intraprendere.

Dalla breve chiacchierata salta fuori che sto lì per questioni respiratorie e vengo quindi indirizzato al relativo reparto. Arrivato lì mi ritrovo in sala di attesa insieme a una marea di altre persone. Mi viene assegnato un attrezzo inquietante che devo indossare per non perdere il turno… Assomiglia molto all’imbracatura usata dagli operatori di Steadicam dalla quale spunta un’asta di plastica nera che mi arriva poco sotto il mento alla cui sommità si trova una lampadina rossa. Non era meglio un semplice numeretto??

Le scarpe di Prada

Sono a Piazza Mignanelli, davanti ad una vetrina di Prada (!) e sto guardando delle scarpe. Ad un certo punto arriva Albano Carrisi (!!!) ed io, lui e tre ragazzini ci incamminiamo giù per un sentierino fiancheggiato, su entrambi i lati, da una staccionata e da un praticello incolto ma carino. Io, mentre percorro il sentierino, penso che i colori dei fiori disseminati nel prato sono perfettamente intonati a tutte le scarpe che ho appena visto nella vetrina di Prada…

Una cena

Sono davanti alla vetrina di un negozio di cose per la casa con mia mamma che deve fare un regalo per una cena a cui andrà la sera. Vuole comprare un posacenere in ceramica e io le dico che il negozio ha anche delle cose molto belle in argento. Lei mi risponde che con l’umidità l’argento marcisce e allora compriamo un posacenere con dei coralli rossi. Cambia scena e mi ritrovo alla cena pure io. Siamo in una casa elegante e ci sono i due padroni di casa, i miei, io e un’altra coppia dell’età dei miei. Siamo seduti in un salotto elegantissimo ma soffocante per quante cose ci sono dentro e la padrona di casa prende in mano un guanto da forno in lattice e si mette a fare battute su di questo. Mio padre che è in poltrona accanto a lei si imbarazza perché il guanto da forno è il regalo che le hanno portato gli altri ospiti e allora fa una battuta per far capire alla padrona di casa che loro si stanno offendendo. Poi mi ritrovo nel padiglione della fiera d’arte di Bologna, ma ogni stand non è più una galleria bensì un appartamento privato. Io sto scappando da L. (la mia stalker) ed entro in uno di questi appartamenti ma poi scopro che è quello del suo ragazzo il quale si innamora di me e mi vuole portare in giro in macchina per Londra, solo che Londra, nel mio sogno, assomiglia terribilmente a Palermo. Poi mi sono svegliata.