Velocità

Inizia che mi sveglio da un sonno profondo e non capisco subito dove sono. Ma in un attimo metto insieme i dettagli e connetto logica ed emozioni: dentro un’auto bassa bassa e molto spartana, da corsa ma tipo go-kart, lamiera. Velocissimo sotto di noi il nastro di asfalto nero della pista. Se allungassi il braccio fuori potrei toccarlo e penso (e immagino la scena) all’abrasione che mi consumerebbe mezzo braccio in un nanosecondo pulp. Paralizzata e schiacciata. Un rumore frastornante. L’auto è verde Kawasaki (so che ne avevamo parlato un paio di giorni prima), colore che non mi piace e gliel’ho detto. Il poggiatesta con dietro quella semi-ogiva che fa tanto auto sportiva, sempre verde. Non c’è tetto, se la pressione non me lo impedisse saprei che sopra c’è sole e cielo azzurro. Forse c’è un rollbar. Andiamo alla velocità della luce verso un cavalcavia. Sono terrorizzata, non sono io a guidare, ho freddo, sono assordata, non ho il controllo, vorrei urlare ma l’aria contro non fa uscire la voce. Finalmente trovo il coraggio per voltarmi e guardare chi guida, se qualcuno guida. Giro la testa, lo vedo, mi sorride rilassato e a suo agio, allunga la mano destra sul mio ginocchio e io improvvisamente mi sciolgo, sento la paura andarsene e lo starbene che si fa un giro in tutte le mie vene.

Protezione

Sono al mare insieme a B. – Camminiamo sul bagnasciuga godendoci la prima giornata di vacanza dopo un lungo periodo di faticoso lavoro. Sento il calore dei raggi del sole sulla mia pelle e vedo l’acqua limpida del mare confondersi con il colore del cielo all’orizzonte. Sono pronto a tuffarmi, ma l’acqua è molto bassa; decido di camminare ancora un po’ attendendo che il livello aumenti. Appena mi accorgo che è possibile, mi immergo insiema a B. e comincio a nuotare con lei. E’ bellissimo. Dopo un po’ di tempo decidiamo di tornare sulla spiaggia. Sento che la pelle comincia ad essere sensibile al sole e decido di fare una passeggiata per la città mentre B. va a sdraiarsi sul suo telo da mare blu. Esco dallo stabilimento (del tutto simile allo stabilimento BagnoBarTaormina dove mia zia mi portava da piccolo quando andavamo insieme a Marina di Ravenna)e comincio a camminare per le vie di una piccola cittadina medioevale. Su una finestra di un piccolo negozio di cianfrusaglie scorgo un flacone di crema solare Nivea. Con l’intento di appropriarmene, passo più volte davanti al negozio cercando di capire se il negoziante si sia accorto della mia presenza. Dopo aver valutato i rischi dell’operazione decido di entrare per acquistare il flacone invece di rubarlo. Il negoziante mi indica due flaconi posti su di un mobiletto. La mia scelta cade sul flacone blu che immagino possa contenere una crema solare con un discreto fattore di protezione.

Esco dal negozio dopo aver acquistato il flacone per la cifra di 3,30 euro e mi appresto a tornare in spiaggia. Appena varcata la soglia del negozio mi viene in mente di guardare la data di scadenza della crema. La scadenza del prodotto nel Luglio 2007 mi spinge a tornare nel negozio per protestare e farmi sostituire il flacone.

Il negoziante nega di poter avere prodotti scaduti e, dopo aver verificato su mio suggerimento la data di scadenza sul fondo del flacone, asserisce di essere convinto che le creme non abbiano scadenza. Alzo il flacone bianco di Nivea e mi accorgo che non è ancora scaduto. Decido, così, di prendere quello e di interrompere la fastidiosa disscussione. Sul lungomare di Marina di R. comincio a spalmarmi la crema e sento che, all’altezza del fianco destro, la pelle mi brucia leggermente. Sono un po’ preoccupato per l’eventuale scottatura, ma mi tranquillizzo applicando sulla parte in quesitone una discreta quantità di crema solare.

 

In viaggio per la città

Sono all’interno di una grande e lussuosa macchina nera con altre persone che sembro conoscere e stiamo viaggiando per il centro di Roma. Sono seduta comodamente sugli ultimi sedili, formati da uno spaziosissimo divanetto in pelle morbida e, accompagnata dolcemente dal dondolio della macchina sui sanpietrini, mi appisolo. Ad un tratto mi sveglio e vedo un grosso cane sdraiato sull’asfalto intralciare la strada: è lungo almeno 2 metri, alto più o meno come una persona e ha un pelo folto e lucido. Tra la sorpresa generale, una persona bassa e cicciottella bussa al mio finestrino e mi consegna un barboncino, grazioso ma decisamente irrequieto. Tento di calmarlo e all’improvviso mi trovo in un negozio con una bambina; dobbiamo cercare insieme un regalo prezioso in mezzo a molta confusione. Ci muoviamo velocemente tra i colori e le luci e arriviamo nello scantinato del negozio, pieno di gioielli dismessi; neanche qui troviamo quello che cerchiamo. Io torno in strada e cammino con un clochard per diversi isolati…

I due fratelli

Io, A.M. e M.R. siamo nella cucina di casa mia. A. è ai fornelli, M. sorseggia un bicchiere di vino. Mi rivolgo ad A. chiedendogli se la sera prima, in occasione della cena al treebar, si sia offeso per qualche frase di Simona e se per questo abbia deciso di andare via così in fretta. A. mi risponde di essere tornato a casa per stare con sua figlia e per aiutare F. a preparare un esame universitario. Mi confessa, però, di essere stato leggermente turbato da un’affermazione di Simona. Prima che A. inizi a spiegarmi di cosa stia parlando, mi accorgo che davanti al lavello dei piatti ci sono due bambini. Capisco che sono due fratelli e do loro il benvenuto in casa mia dicendo: ” Oh! Ma non mi ero accorto che ci sono due bambini!” Poi mi correggo e dico: “Anzi, due ragazzi!” (ricordando come mi offendevo da piccolo quando alla loro età mi chiamavano bambino). A. mi dice che lui e M., prima di salire a casa, hanno incontrato una loro amica e l’hanno invitata a salire. Usciamo dalla cucina e M. me la presenta. E’ una ragazza mora, piuttosto bassa, sulla trentina, dall’aria semplice e un po’ sprovveduta. Mi dice di essere lieta di conoscermi. Ci intratteniamo per un po’ di tempo sulla porta della cucina mentre, faticosamente, tento di tenere desta l’attenzione e celare il mio disappunto per la sua inaspettata e inopportuna presenza in casa mia.