Sono nella nuova casa di M.C. e C.E. che però è in Via della Croce. E’ molto piccola e buia e mi assicuro che ci sia un estintore in caso di emergenza, così come dovrebbe esserci nella casa famiglia dove lavoro. Loro sono contenti ed anche io. Per il prezzo che pagano e la zona, è un’ottima sistemazione. Usciamo ed andiamo verso Via del Babuino. Mi viene in mente quando anche io abitavo al centro. Arriviamo a Piazza del Popolo e ci sono delle manifestazioni, c’è anche un circo e gente che fa casino. Incontriamo Ferdinando, Daniela e Giorgio che ci invitano a cena nella casa che Ferdi ha in Via Pò. E’ una casa molto grande, con molti camerieri. La tavola è apparecchiata con i piatti che mi hanno regalato al matrimonio. Ci saranno venti persone. Ferdi ci dice che è una casa che ha trovato suo papà. Ci vive con Giorgio e Daniela. C’è anche la tata che è molto arrabbiata er tutta questa gente. Li sentiamo urlare dalla cucina che non è possibile una cosa del genere, che Ferdinando non può fare come vuole…noi siamo molto imbarazzati, questa vecchia tata è tremenda. Arriva dalla cucina e serve con le mani da una pentola la pasta nei piatti di ognuno. Penso che faccia così in modo da non farci più tornare. Ferdi è dispiaciuto. Io penso che il papà di Ferdi abbia pensato bene alla sistemazione di suo figlio e di suo nipote (Giorgio) e penso che abbia scelto Via Pò perchè è vicino alla stazione in qualche modo, per quando loro partono, e che nello stesso tempo è una zona molto elegante. Sono contenta di vederlo sistemato e penso che tra un po’, quando sarà ancora più grande, potrà mandare al diavolo la vecchia tata e fare da solo…in fondo i soldi non mancano.
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Luogo di lavoro
Sono in un grande appartamento posto al primo piano. Sembra essere un luogo di lavoro, una struttura da poco restaurata. Sono il proprietario/responsabile e mi aggiro per i vari locali controllando che i lavori siano stati eseguiti nel migliore dei modi.
Incontro Fabio, un mio amico architetto, il quale sembra molto affascinato da un contenitore in plastica arancione lasciato dagli operai che hanno ristrutturato gli ambienti. E’ un contenitore che, già da un po’ di tempo (nel sogno), avevo deciso di dare ad un papà per l’educazione di suo figlio. Fabio mi chiede di regalargli l’oggetto. Ne ammira le caratteristiche evidenziandone i pregi e facendomi notare la qualità del design. Curve morbide, materiali recentemente scoperti, superfici liscie ed elementi porosi caratterizzano l’oggetto.
Io parlo con Fabio trattandolo come il papà al quale ho deciso di dare il contenitore. L’oggetto, dico, è perfetto per contenere la giusta quantità di latte per una crescita equilibrata del figlio. Il contenitore così potrà servire da limite per il papà che, con difficoltà, regola l’intensità delle emozioni riversate sul bambino e con facilità, anche nei momenti meno opportuni, tende ad eccedere nelle manifestazioni d’affetto.
Mi accorgo che Fabio non capisce; decido allora di spiegarlgi con chiarezza che, già da tempo, avevo deciso di regalare il contenitore ad un papà per aiutarlo nel difficile compito dell’educazione di un figlio.
Fabio allora mi chiede di fare un giro per vedere l’esito dei lavori. Decido di mostrargli per prima cosa una culla che, chiusa attraverso incastri e meccanismi sapientemente progettati, si apre davanti ai nostri occhi grazie ad alcuni miei abili e precisi movimenti, appresi di recente grazie alle spiegazioni dei tecnici del cantiere.
Dentro la culla ammiriamo, quasi fosse un presepe, un paesino innevato nel quale domina una tranquilla atmosfera natalizia. Ogni cosa sembra avere vita propria e la chiusura così sofisticata, difficile da aprire per una mano inesperta, sembra essere stata progettata per proteggere il mondo prezioso in miniatura che, nella culla, pulsa di vita e di energia propria.
Dopo aver richiuso l’oggetto Fabio, estasiato dalla bellezza dei lavori, ammira una piramide al centro di una stanza. Notiamo inoltre che una parete è stata abbattuta per permettere di accedere ad un piano inclinato che porta alla piramide. Saliamo quasi per gioco sul piano inclinato e ci affacciamo alla finestra a vetri sopra la piramide.
Una vasta distesa di verde si estende davanti all’edificio.
La visita ai locali è terminata e Fabio, abile architetto, mi fa i complimenti per l’intervento professionale ed estremamente creativo che ho fatto eseguire per migliorare il mio luogo di lavoro.
La casa di Davide
Sono in una casa con un bel giardino e so di essere a casa di Davide.M., un mio compagno di classe, ma nella casa abitano Filippo C. e Andrea C. Io, tra me e me, penso: “Lo vedi? Sono venuti ad abitare qui perché ora il papà di D. è diventato presidente del Senato.”. In giardino c’è Andrea C. con Flavia C. che nel sogno è sua moglie e hanno tre o quattro bambini. Io guardo Flavia, che non vedo da millenni, che è diventata grassa e brutta e mi meraviglio che Andrea e Flavia siano sposati, anche perché non sapevo si conoscessero. Nel complesso però mi fa piacere essere lì con loro e me ne resto in silenzio seduta su una poltrocina pieghevole.
Collari stretti
Sono con Cristina B. nella casa della nonna di Fabri ma la casa è enorme e tutta diversa. Io sto portando Cri in giro per fargliela vedere. Attraversiamo prima un lungo corridoio con carta da parati anni ’70, poi dei saloni affrescati e poi ci ritroviamo in una specie di veranda rialzata che dà su un giardino (il giardino assomiglia a quello di mia nonna) e io le dico: “Vedi, la casa continua anche sotto la veranda e tutto attorno al giardino, è molto grande”. Poi Cri sparisce ed io mi ritrovo in giardino con mio padre e dopo poco arrivano tre dei miei cani, Diavolone, Boris e Rufus. Papà ed io li accarezziamo e nel fare ciò ci accorgiamo che i collari sono allacciati troppo stretti e li allarghiamo. Mentre mi occupo dei collari dico qualcosa contro Armando, dando a lui la colpa del fatto che siano allacciati male e stretti.