Matrimonio a Montecarlo

Sono stata invitata al matrimonio di C., una ragazza molto più giovane di me che nella vita reale conosco ma vedo solo qualche giorno d’estate. Il Matrimonio sarà a Montecarlo e, mentre io cerco di decidere se andare in aereo si offre di accompagnarmi in macchina Piero Pelù. Io sono entusiasta all’idea di fare il viaggio con lui e accetto ben volentieri.

Una volta partiti, all’altezza del primo autogrill, mi rendo conto di aver dimenticato il mio beauty-case a casa, con i trucchi e le creme e mi secca molto il pensiero di dover ricomprare tutto doppio non sapendo neanche se troverò davvero i prodotti che mi servono… e già parte del buonumore è sfumata.

Più in là, durante il viaggio, domando a Piero Pelù che sta guidando quanto manca per Montecarlo ed il nome del nostro albergo ma lui mi risponde che in realtà non alloggeremo proprio a Montecarlo ma a (nome di un paese che non ricordo) che io so essere un posto orribile.

Scoperta la notizia il mio buonumore sparisce definitivamente e inizio a maledirmi per avere accettato il suo passaggio e medito di dirgli che i suoi ultimi dischi sono orribili e che da anni ormai non è più all’altezza dei vecchi Litfiba ma poi decido di non dire nulla perché mi sembra troppo offensivo e resto seduta in macchina con il broncio.

La crisalide

Ero una bambina  quando feci questo sogno.

Schiamazzi e grida giocose aleggiano nell’aria, mi ritrovo in mezzo ad un gruppo di bambini, radunato intorno ad un buco dove iniziano delle scale a chiocciola che scendono verso il sottosuolo. Incuriosito uno dei ragazzini dice “Andiamo a vedere che c’è lì sotto!” . Inizia così questa lunga discesa, si forma fila indiana e l’unica cosa che si sente sono i passi leggeri di piedini che scendono i gradini arrugginiti.  Arriviamo nelle fogne, c’è talmente tanta umidità che le pareti e il pavimento sono ricoperti da un velo sottile di acqua. Decidiamo di dividerci per scoprire cosa nasconda questo labirinto umido e fetido. Io ed una mia amica iniziamo a camminare verso un tunnel, ad un tratto nello svoltare ci troviamo davanti agli occhi un’immensa crisalide verde fluorescente . La paura si fece più forte, quando guardandola meglio mi vidi lì dentro. Ero pallida, occhi chiusi, bocca livida e mani incrociate. Sembravo morta. A quella visione fuggimmo.  Decisi di tornare il giorno dopo, sola però questa volta. Scesi quei gradini pericolanti, arrivata alla fine vidi quella creatura che il giorno prima era dormiente in quella specie di bozzolo, ora era seduta a terra con le gambe divaricate  intenta a giocare con dei dadi. La paura mi pietrificò, in quell’istante lei/io mi guardò e mi chiese “Vuoi giocare con me?”… Con il terrore in corpo scappai di nuovo.

I DJ impediti, le amiche ballerine e l’orso bruno

Sono in un locale dove sta per iniziare una serata musicale in cui si esibiscono due DJ. Il posto è tutto in legno, tipo baita di montagna… Lo speaker annuncia il duo e mi avvicino alla consolle. I due si guardano e iniziano la routine. Dopo qualche scratch parte il beat e inizio a muovere la testa a tempo. “Niente male” penso. Ma dopo circa 30 secondi si fermano. Il tipo al campionatore, una sorta di MPC dal colore dorato, cerca di farlo suonare a dovere ma non ci riesce. Preme tasti a caso sperando di trovare la causa del malfunzionamento. Il pubblico non reclama, si dimostra comprensivo. Il DJ non sembra molto imbarazzato dal contrattempo. Niente da fare… Dopo vari e vani tentativi ci ritroviamo tutti a tavola a discutere dell’accaduto. C’è chi da la colpa al campionatore, chi al DJ e chi, come me, al cavo che collegava l’apparecchio al mixer. “I cavi si rompono facilmente” dico, “basta passarci sopra con la sedia e si rompono e non trasmettono più il segnale”. Quasi tutti sono d’accordo.
Mi ritrovo ad un tavolo con C.P. e un’altra ragazza che potrebbe essere I.B.
Beviamo dei cocktail.
Ad un tratto C.P. tira fuori un ombrello a strisce, di un colore tendente al giallo/arancione. È molto grande. Così grande che quando lo apre il suo corpo viene completamente coperto dall’ombrello. Poi nizia a ballare muovendolo in modo da creare una certa coreografia. Anche I.B. Inizia a fare la stessa cosa ma con dei pezzi di stoffa. Mi avvicino in fretta a loro con il cellulare in mano, voglio scattare delle foto. Sono vicinissimo a I.B. tanto che mi sfiora il viso con i pezzi di stoffa che sta facendo volteggiare. Mi rimane difficile mettere a fuoco. inoltre la luce è poca e le due ballerine si muovono veloci quindi penso che le foto verranno male. Ma con mia grande sorpresa un paio vengono abbastanza bene.
Mi ritrovo nel piazzale fuori il locale, è giorno, C.P. continua a ballare accanto al muro. Ridiamo parecchio. Nella mano dove avevo il cellulare ora ho una sorta di racchetta da ping pong con cui colpisco una pallina di gomma che rimbalza in continuazione sul muro davanti al quale sta ballando la mia amica. Passa un signore, dice qualcosa che non ricordo.
Sono al telefono con S.P., accanto a me i miei figli. Guardo verso un giardino in cui scorgo un orso bruno che cammina su due zampe. È enorme ma apparentemente innocuo. Intorno a lui passeggiano delle persone. Lo faccio notare ai miei figli, una lo vede l’altro se lo perde.

Vampiri

Mi trovo in una località di mare e passeggio sul lungomare. incontro per caso Giacomo Farioli, un ragazzo che cantava con me nel coro di scuola che mi invita per la sera stessa ad andare a una festa.

La festa si svolge in una villa rinascimentale, ed è necessario indossare un mantello rosso per poter entrare.

La festa si svolge all’interno di un enorme salone illuminato solo da luce naturale che entra da un’enorme finestra sul lato lungo del salone.

In mezzo al salone, una massa informe di gente che si contorce in una specie di orgia, son tutti mezzi nudi, e tutti un pò sporchi di sangue.

Allungano le mani verso di me, chidendomi pietà, e chiedendomi se possono mordermi. la massa informe di persone si contorce: hanno rapporti sessuali: una vera e propria orgia di sesso e sangue.

Riesco a liberarmi dalla loro presa, e fuggo in una specie di cunicolo illuminato da torce appese alle pareti, e mi guida in questa fuga, Giulio Sganga, un mio amico della piscina.

Alla fine di questo cunicolo, Giulio mi indica una porta e mi dice di scappare e di non voltarmi mai indietro.

Appena varco la soglia, mi ritrovo in un giardino ed è giorno. il giardino però è un’enorme discarica di rifiuti, e nel mezzo del giardino c’è una fontana ormai spenta in cui l’acqua imputridisce e un orrendo odore mi entra nel naso.

Lì accanto alla fontana vedo una piccola capanna costituita da 4 bastoni che sorreggono un telo sudicio. sotto questo telo riconosco una donna sdraiata a in posizione prona ma con la testa girata al contrario, come regan dell’esorcista. ha gli occhi ricoperti dalle cataratte per cui sono quasi bianchi. la riconosco, è Margherita Buy (????), che intona una canzone che mi fa accapponare la pelle. Un senso di inquietudine mi pervada. poi comincia a parlarmi, ma io ho il solo desiderio di trovare una via di fuga.

Mi sveglio.

La promessa

Il mio ex fidanzato S. piomba a casa mia inaspettatamente, ricordandomi la promessa che ho fatto di prestargli la macchina per andare a fare una gara di tiro dinamico. Io replico che mancano ancora molti giorni alla data che avevamo concordato e che la sua richiesta mi trova impreparata. S. mi informa di avere una importante gara di qualificazione il giorno dopo, quindi la macchina gli è necessaria perchè non può arrivare fino al poligono di tiro di L. in moto, è troppo lontano, la strada è poco sicura, afferma di esser certo che su di me può contare. Non rispondo, mi sento alquanto perplessa, la ritengo una pretesa che avrei potuto soddisfare se fossimo stati ancora insieme.

Al Liceo

Giro per i corridoi del mio vecchio Liceo alla ricerca dell’aula nella quale si terrà una conferenza/aggiornamento per i professori.

Entro in una classe, forse quella del mio quarto o quinto ginnasio, ed incontro due professori della mia età anch’essi venuti per la conferenza.

Io non sono un professore, ma desidero partecipare all’evento formativo in sostituzione di un mio non ben identificato amico.

Mi immagino mentre faccio lezione a dei bambini delle elementari. Il compito mi sembra divertente e alla mia portata.

Dentro la classe i due professori mi chiedono se io sia di ruolo;spiego loro la mia condizione di sostituto rivelando un certo desiderio di poter ottenere benefici per la mia carriera dalla presenza alla conferenza prevista per quel giorno. Spiego che grazie ad un costante impegno ed ad una presenza attiva nei luoghi nei quali si tengono conferenze ritengo di poter sviluppare nel tempo competenze e professionalità.

I professori mi chiedono se io riceva qualche compenso; rispondo di no e spiego che, almeno per adesso, mi sembra possa essere di primaria importanza investire sulle proprie conoscenze ed essere presente nei luoghi dove altri professionisti possano accorgersi delle mie capacità.

Ricevo aspre critiche dai professori intenzionati a scoraggiarmi dal credere che la mia presenza possa servire a qualcosa. Mi spiegano che non funziona così e che sarebbe meglio che io me ne andassi.

Nella stessa classe incontro Nico, il mio ex coinquilino. Non è cambiato affatto e le sue abitudini sono sempre le stesse. Gli chiedo come vadano le cose e lui mi risponde raccontandomi un episodio avvenuto il giorno prima. Descrivendo la scena con molta enfasi, Nico mi colpisce inavvertitamente con il gomito sullo zigomo destro. Si scusa velocemente e poi continua a raccontare. Una volta terminato il racconto sembra non essere interessato alla mia risposta.

Gli chiedo allora, ripensando soprattutto al colpo ricevuto pochi istanti prima, se sia arrabbiato con me perché non l’ho più cercato dopo la fine della nostra convivenza.

Nonostante lui neghi, io continuo a ritenere che Nico sia arrabbiato con me.

In alto, all’angolo destro del soffitto, sono appesi molti jeans usati. Sono in un mercatino, molto simile al negozio dell’usato che frequentavo quando ero adolescente.

Provo un paio di Levi’s che sembrano essere della mia taglia ed esteticamente perfetti per la mia conformazione fisica.

Dopo averli provati ed essermi specchiato, mi accorgo che i pantaloni mi stanno malissimo: la vita bassa e il modello stretto in fondo mi fanno sembrare basso e tarchiato.

Anche Nico mi dice che quei pantaloni non fanno al caso mio.

A scuola con ansia?

Sono in ritardo (non secondo un oggetivo calcolo temporale ma secondo le mie ansie) perchè ho un laboratorio da fare in una scuola e sono stracarica di materiali da portare (come al solito!). Dovrei arrivare a Piazza Vescovio e mi trovo all’incirca a Piazza Bologna.

Sono sicura, anzi certa, che proprio quel giorno inaugura la nuova metropolitana, per cui do appuntamento alle colleghe, C e C, alla fermata nuova (ma a Piazza Bologna ovviamente la metro nuova non passa, ne esiste già una!). Arrivo comunque in anticipo all’appuntamento e, aimè, scopro che quel giorno si inaugura solo un vagone nuovo della metro che, tra l’altro, viaggia in superficie facendo solo il giro della piazza! Che fare? Cerco di sentire G, il mio compagno, per ottenere la macchina, ma lui mi farfuglia cose al telefono incomprensibili… Allora arrivano C e C, una in motorino l’altra a piedi, impossibile risolvere la situazione.

Si è fatto tardi e l’ansia aumenta. Nessuna di noi pare abbia più la possibilità di telefonare, io perdo il mio cellulare, e chiedo ad una signora di telefonare dal suo, ma non ho nessun numero per contattare l’insegnante! Intanto siamo in netto ritardo con la classe, e solo io sembro preocuparmi. Ad un certo punto arriva l’insegnante MG che sta facendo uscire i ragazzi da sola, io la vedo e mi scuso per l’incoveniente e lei, come se non mi riconoscesse, passa oltre con aria indispettita.

Solo allora mi sveglio, devo andare a scuola davvero, per fortuna ho la macchina…

Affollamento

Sono nella mia casa in montagna dove c’è anche il mio studio, vivo lì. I muri sono un pò cadenti e mi rendo conto di dover ritinteggiare il soggiorno. c’è anche un buco nell’intonaco che fa intravedere dei mattoni. E’ un pomeriggio di lavoro. Poi mi affaccio alla finestra e vedo M., il custode della casa in campagna, ci sono moltissimi cani e penso che dovrò fare qualcosa perchè continuano a proliferare e non so più dove mettere i cuccioli. Poi arriva Cesidio, il mio vecchio istruttore di equitazione e mi dice che dovrei riprendere. mi propone il lunedì ed il martedì pomeriggio, magari intorno alle 18; gli dico che l’idea mi piace molto ma dentro di me so che alla fine non  riuscirò ad andare. Sono sempre troppo stanca quando finisco di lavorare. Poi vado con mio marito al porto del paese (anche se nella realtà ovviamente non c’è) dove ho un altro studio. Lui mi dice che adesso sarebbe andato a farsi un tatuaggio; vediamo insieme una barca con l’isegna “tu” che è un laboratorio dove si fanno i tatuaggi. io nel frattempo vado nel mio studio. E’ pieno di genitori, di gente e bambini e penso che non riuscirò a vederli tutti. Sono stanca. Entro nella mia stanza ma c’è una tirocinante, già il paziente ed altre persone. tento di fare il mio lavoro non curandomi di questa invasione ma è difficile. Poi bussano alla porta ed è il padre di un’altra paziente che mi dice che mi ha portato un pensiero per Pasqua. Gli dico che sto lavorando e che questa non è la sua ora, lui mi dice che va bene ma nel frattempo si siede. Continuo con S. ma poi mi accorgo che questo signore non è uscito, così lo ringrazio di nuovo ma gli ripeto di andarsene e così per altre due volte. Alla fine lo trascino via di forza dalla stanza mentre la rabbia mi assale.