Entro nella casa di mia nonna. E’ aperto. Trovo mia nonna che dorme seduta al tavolo in formica azzurra della sala da pranzo. La sveglio. Decido di non dirle che avrebbe dovuto controllare che le porte fossero chiuse per evitare che entri qualche malintenzionato. Andiamo nella sua camera da letto. Lei è dietro un muro. Le chiedo: “Nonna, cosa stai facendo”
E lei: ” Mi cambio”.
Aspetto qualche istante poi, quando lei esce dalla stanza e mi viene incontro la abbraccio e le dico che le voglio bene. E’ un abbraccio calmo e silenzioso, affettuoso e denso di significato.
Esco e vado a riprendere il motorino che avevo precedentemente portato dal meccanico. Nel frattempo so che devo tornare a Roma e che non ho fatto preventivamente il biglietto.
Hanno sistemato bene la centralina del motorino. Chiedo di controllare che lo sterzo in asse ma mi dicono che non si puó fare. Dopo una mia blanda insistenza mi dicono di rivolgermi ad un signore straniero che, nel frattempo, sta pulendo, dopo averli smontati, gli ammortizzatori.
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I DJ impediti, le amiche ballerine e l’orso bruno
Sono in un locale dove sta per iniziare una serata musicale in cui si esibiscono due DJ. Il posto è tutto in legno, tipo baita di montagna… Lo speaker annuncia il duo e mi avvicino alla consolle. I due si guardano e iniziano la routine. Dopo qualche scratch parte il beat e inizio a muovere la testa a tempo. “Niente male” penso. Ma dopo circa 30 secondi si fermano. Il tipo al campionatore, una sorta di MPC dal colore dorato, cerca di farlo suonare a dovere ma non ci riesce. Preme tasti a caso sperando di trovare la causa del malfunzionamento. Il pubblico non reclama, si dimostra comprensivo. Il DJ non sembra molto imbarazzato dal contrattempo. Niente da fare… Dopo vari e vani tentativi ci ritroviamo tutti a tavola a discutere dell’accaduto. C’è chi da la colpa al campionatore, chi al DJ e chi, come me, al cavo che collegava l’apparecchio al mixer. “I cavi si rompono facilmente” dico, “basta passarci sopra con la sedia e si rompono e non trasmettono più il segnale”. Quasi tutti sono d’accordo.
Mi ritrovo ad un tavolo con C.P. e un’altra ragazza che potrebbe essere I.B.
Beviamo dei cocktail.
Ad un tratto C.P. tira fuori un ombrello a strisce, di un colore tendente al giallo/arancione. È molto grande. Così grande che quando lo apre il suo corpo viene completamente coperto dall’ombrello. Poi nizia a ballare muovendolo in modo da creare una certa coreografia. Anche I.B. Inizia a fare la stessa cosa ma con dei pezzi di stoffa. Mi avvicino in fretta a loro con il cellulare in mano, voglio scattare delle foto. Sono vicinissimo a I.B. tanto che mi sfiora il viso con i pezzi di stoffa che sta facendo volteggiare. Mi rimane difficile mettere a fuoco. inoltre la luce è poca e le due ballerine si muovono veloci quindi penso che le foto verranno male. Ma con mia grande sorpresa un paio vengono abbastanza bene.
Mi ritrovo nel piazzale fuori il locale, è giorno, C.P. continua a ballare accanto al muro. Ridiamo parecchio. Nella mano dove avevo il cellulare ora ho una sorta di racchetta da ping pong con cui colpisco una pallina di gomma che rimbalza in continuazione sul muro davanti al quale sta ballando la mia amica. Passa un signore, dice qualcosa che non ricordo.
Sono al telefono con S.P., accanto a me i miei figli. Guardo verso un giardino in cui scorgo un orso bruno che cammina su due zampe. È enorme ma apparentemente innocuo. Intorno a lui passeggiano delle persone. Lo faccio notare ai miei figli, una lo vede l’altro se lo perde.
Il ladro
Sono a casa di R., c’è anche G., siamo in un salotto, mi ricorda quello di casa mia, abbiamo dormito sui divani, non so perche’.
Vado in bagno, ci sono dei soldi sulla lavatrice, dopo entra in bagno G., i soldi sono i suoi.
Sono in auto con R., stiamo andando al lavoro, guardo nel portafoglio ho molti soldi, ad un certo punto gli dico ” ma io devo andare con la mia auto_ non capisce, ripeto _ devo prendere la mia auto”.
Mi lascia ad una fermata di bus, in maniera che io possa tornare indietro e prendere la mia auto.
Mentre aspetto l’ autobus, un signore mi fa cenno. Mi hanno rubato il portafogli.
Sono disperata, avevo diversi soldi dentro.
E’ stato un barbone, penso devo andare a denunciarlo.
Affollamento
Sono nella mia casa in montagna dove c’è anche il mio studio, vivo lì. I muri sono un pò cadenti e mi rendo conto di dover ritinteggiare il soggiorno. c’è anche un buco nell’intonaco che fa intravedere dei mattoni. E’ un pomeriggio di lavoro. Poi mi affaccio alla finestra e vedo M., il custode della casa in campagna, ci sono moltissimi cani e penso che dovrò fare qualcosa perchè continuano a proliferare e non so più dove mettere i cuccioli. Poi arriva Cesidio, il mio vecchio istruttore di equitazione e mi dice che dovrei riprendere. mi propone il lunedì ed il martedì pomeriggio, magari intorno alle 18; gli dico che l’idea mi piace molto ma dentro di me so che alla fine non riuscirò ad andare. Sono sempre troppo stanca quando finisco di lavorare. Poi vado con mio marito al porto del paese (anche se nella realtà ovviamente non c’è) dove ho un altro studio. Lui mi dice che adesso sarebbe andato a farsi un tatuaggio; vediamo insieme una barca con l’isegna “tu” che è un laboratorio dove si fanno i tatuaggi. io nel frattempo vado nel mio studio. E’ pieno di genitori, di gente e bambini e penso che non riuscirò a vederli tutti. Sono stanca. Entro nella mia stanza ma c’è una tirocinante, già il paziente ed altre persone. tento di fare il mio lavoro non curandomi di questa invasione ma è difficile. Poi bussano alla porta ed è il padre di un’altra paziente che mi dice che mi ha portato un pensiero per Pasqua. Gli dico che sto lavorando e che questa non è la sua ora, lui mi dice che va bene ma nel frattempo si siede. Continuo con S. ma poi mi accorgo che questo signore non è uscito, così lo ringrazio di nuovo ma gli ripeto di andarsene e così per altre due volte. Alla fine lo trascino via di forza dalla stanza mentre la rabbia mi assale.
Il Nonno e la famiglia Argento
Sono in ascensore insieme a due signore che mi chiedono di poter affiggere alcuni volantini con comunicazioni di vario tipo sulla bacheca davanti alla porta d’ingresso della struttura nella quale per lungo tempo ho lavorato.
Una delle signore mi guarda perplessa e mi domanda come mai io sia così dimagrito. Dopo una rapida spiegazione relativa al mio stato di salute, esco dall’ascensore e mi dirigo verso il mio luogo di lavoro.
Una volta entrato trovo C.etta e S.etta che, in qualità di volontarie, si stanno occupando di mettere in ordine schede e documenti vari. Parlo a lungo con C.etta, mentre S.etta si occupa di ricevere una persona venuta per chiedere informazioni.
Mi ritrovo improvvisamente dentro un’astronave in compagnia di una coppia di vecchi signori. Sono nel futuro. Dopo poco tempo mi accorgo di essere io il marito anziano della vecchia signora al mio fianco. Ogni giorno, ormai da trent’anni, la coppia si dirige a lavoro con la propria astronave percorrendo milioni di km.
Torno sulla terra e, a piedi, sono costretto a tornare verso casa. Sono in una regione del Nord e mi dirigo verso casa di mia nonna.
Cammino lungo una strada asfaltata di campagna. Mi fermo davanti ad un capannone per osservare un carrozziere che lavora. Vedo pezzi di ricambio di macchine e di motorini. Vicino alla carrozzeria, nello stesso capannone, c’è un’officina nella quale intravedo il mio meccanico armeggiare su di un ciclomotore.
F. si accorge di me e mi viene a salutare. E’ molto raffreddato e, parlando a fatica, si soffia in continuazione il naso. Mi presenta il suo giovane aiutante che sembra aver da poco assunto droghe. Il ragazzo mi spiega, in effetti, di essere stato in vacanza ad Amsterdam e di aver da poco assunto diverse sostanze psicotrope.
Saluto i due e mi avvio nuovamente verso casa di mia nonna. Una volta arrivato incontro i miei genitori che stanno per fare colazione.
Dalla portafinestra del soggiorno mi accorgo che due persone stanno già facendo colazione in cortile. Asia Argento sta consumando con suo padre una frugale colazione. I due, silenziosamente, spalmano marmellata sulle loro fette biscottate.
Io e i miei genitori cominciamo a fare colazione in casa. Verso del latte e, per sbaglio, esagero con lo zucchero/sabbia che avevo a disposizione sul tavolo. Esco in cortile e svuoto la tazza di sabbia vicino alla famiglia Argento.
I due non si scompongono; in silenzio e con l’aria cupa continuano a fare colazione.
Io e i miei genitori, volendo approfittare della giornata di sole, decidiamo di spostare il tavolo della stanza nel cortile.
Una volta sistemata la tavola cominciamo a mangiare chiacchierando amabilmente. Sono contento della conversazione e segretamente spero di sucitare invidia nella famiglia Argento per la serenità che caratterizza la nostra conversazione.
Muovo tra le dita degli orecchini di filo di ferro nero che appartengono nel sogno a mia zia. Mio padre dice che più mia zia sente che quegli orecchini sono suoi più se ne disinteressa e viceversa. Mia madre conferma questa ipotesi.
Improvvisamente un grande silenzio mi fa gelare il sangue.
Vedo avvicinarsi un uomo anziano in sella ad una bicicletta da corsa. Sono terribilmente spaventato. In silenzio l’uomo passa davanti al cancello del cortile. Mi rendo conto che a pedalere su quella bicicletta c’è mio nonno. Sono terrorizzato perchè mi rendo conto che sono testimone dell’apparizione di un morto. Mia madre e mio padre si accorgono della cosa e cominciano a gridare e a piangere disperati. Sono paralizzato dalla paura. Mio nonno mi guarda negli occhi passando lungo il marciapiede davanti alla casa. E’ proprio lui. Panico, brividi, terrore, disperazione.
Mio giro per guardare Asia Argento e verificare cosa lei pensi dell’accaduto e se voglia farmi capire che da sempre lei sapeva dell’esistenza di un mondo infero in perenne contatto con la nostra realtà.
Asia Argento mi guarda senza nessuna espressione.
Mi giro pensando di aver perso tempo e di non aver seguito l’evolversi della tragica situazione. Mentre mi volto per tornare a guardare mio nonno, nel sogno, svengo.
Mi ritrovo improvvisamente sveglio, convinto di essere svenuto, mentre tra le lenzuola piango disperatamente e tremo dalla paura.
Il Samurai e le sub-papere
Sono un samurai giapponese, il signore di un palazzo che si affaccia su un lago. dentro la mia residenza vi sono delle inservienti e una donna ninja. Io vestito con tipici indumenti dell’epoca nippo-medioevale, con lunghi capelli lisci e le ciabatte infradito.
Mi dirigo verso la porta a due ante che dà sulla terrazza, apro e mi trovo in un balcone ampio e coperto da un tetto sorretto da colonne di legno come il pavimento e la ringhiera. La terrazza era una palafitta sul lago. Il lago si stendeva fino all’orizzonte e solo le montagne lontane lo delimitavano.
Mi dirigo verso un punto di luce nel terrazzo, probabilmente formato dai raggi del sole, intento a voler trovare il centro del balcone dove potermi sedere per meditare…noto però che il punto di luce non era il centro, che stava invece a circa un metro sulla sinistra ed era rappresentato da un quadrato di legno sulla pavimentazione. Il quadrato centrale aveva dei piccoli quadrati agli angoli. Mi siedo li nella classica posizione del loto…
A questo punto il balcone sembra restringersi ed io mi trovo seduto davanti al bordo contemplando il lago. Chiudo gli occhi come per concentrarmi ma diventa difficile, sono infastidito, riapro gli occhi e vedo due papere che nuotano nel lago. Una si immerge, sembrano intente a pescare in un acqua verde, sporca. Una cosa mi attira di loro…hanno delle maschere da nuoto agli occhi ed io le giustifico adducendo ad un loro adattamento alle acque inquinate.
Quel lago era sempre stato il lago sotto al mio palazzo e non sopportavo di vederlo così inquinato…cerco comunque di concentrarmi poichè dovevo prepararmi… a cosa?
Riapro gli occhi e da lontano vedo emergere dalle acque una testa di donna fermandosi all’altezza del naso: i capelli arruffati neri e corti e due occhi che si nascondevano dietro l’ombra delle arcate sopraccigliari.
Capisco perchè mi stavo concentrando…Subito balzo all’indietro con una capriola e mi dirigo verso le stanze dove ho le mie armi. Dentro un mobile prendo una spada di tre. la più corta. Il pericolo tuttavia non è ancora ne imminente ne tangibile. Le spade non erano proprio lame katana, ma sembravano più dei coltelli del pane di diversa lunghezza e seghettati con il manico bianco…
Arresti domiciliari
Sono in un piccolo negozio che ricorda lontanamente il garage di casa dei miei nonni. Il mio amico Lorenzo sta per terminare il suo ultimo giorno di lavoro da commesso prima di cambiare mestiere.
Un cliente di origine orientale entra nel negozio e comincia a fare domande. Lorenzo comincia a spiegargli in inglese che non capisce la sua lingua.
La tensione aumenta.
Il signore cinese comincia ad arrabbiarsi incredibilmente e a sferrare pugni e calci contro Lorenzo. Inizia un duro combattimento. Cerco di intervenire trascinando via il mio amico.
Uscito dal negozio, mi dirigo verso una piazza con una chiesa. Lungo le strade si affollano persone, bambini giocano davanti alla chiesa, signore anziane tornano dal mercato. Intanto la polizia mi sta cercando. Anche il cinese vuole vendicarsi dell’affronto subito.
Sono circondato.
Tolgo dalla mia bocca un involucro di gomma, simile ad un palloncino, nel quale risulterà essere contenuta un bomba.
La polizia mi arresta e mi condanna agli arresti domiciliari.
Rimango a lungo nel soggiorno di casa sdraiato per terra sopra ad un lenzuolo rosso. Una finestra dà sulla piazza ed una portafinestra permette il passaggio ad un piccolo balcone sul mare. Si sente il rumore delle onde, vedo il colore blu intenso delle acque. Le finestre sono aperte e c’è una leggera brezza estiva.
Sono però costretto a non muovermi per non destare sospetti. Mi accorgo che nell’angolo tra le pareti ed il soffitto c’è un incavo che percorre tutta la lunghezza della stanza dal quale fuoriescono punte di fucili puntati contro di me da numerosi poliziotti appostati dentro casa per controllarmi.
Rimango contratto a terra in compagnia di B. e di alcuni miei amici venuti a casa per sostenermi in questo difficile momento.
Cambio Lavoro????!!!!
Dovevo fare una domiciliare con lo zio di L. Ero imbarazzata vista la conoscenza stretta e visto che la mamma di questo signore era sempre in mezzo alle scatole e non mi faceva fare nessun progetto. Dicevo che questo signore doveva iniziare a farsi da mangiare da solo, altrimenti come si poteva pensare di recuperarlo? La signora però cucinava sempre e quando arrivavo a casa era già tutto pronto. Un pomeriggio, mentre mi recavo a casa loro insieme ad L. ed al fratello, loro sono molto tristi. Gli domando cosa sia successo e loro mi dicono che loro sorella è morta, non so come. sono triste anche io e piuttosto imbarazzata di essere capitata in un momento così. Mi sforzo di piangere e ci riesco. Poi vado in Comunità incontro P., dobbiamo andare a fare una domiciliare a casa di V. Lo incontriamo sotto la Comunità che fa la pipì tutto nudo. Poi P. mi dice che la figlia di G. è morta. Penso che sia proprio una giornata sfigata e mi dico subito che mi dipsiace molto ma sopratutto perchè adesso G. sarà triste per molto tempo e poco disponibile per me. Poi mi sveglio.