L’artista e lo scheletro autoricostruentesi.

Ho ritrovato un sogno di 3 anni fa tra le bozze del mio account. Mi è sembrato molto interessante. Lo pubblico per questo motivo.

Sono in una specie di grotta e sto seguendo un guida turistica che descrive a me e al gruppo le opere d’arte esposte alle pareti. Arriviamo nella parte dedicata all’artista Bankeri. Alle mie spalle c’è proprio Bankeri che ascolta la guida. Ad un certo punto Bankeri interrompe la guida e, un tono sarcastico e polemico, critica quanto appena detto. Il punto di Vista di Bankeri appare critico verso un modo semplicistico di riferirsi ai suoi aspetti creativi. “L’artista crea questa meravigliosa opera, bla bla bla” dice Bankeri. Il succo del discorso potrebbe essere, pensandolo ora da sveglio: “Appare solo l’esito dell’opera, non il travaglio” Io ascolto e non seguo fino in fondo Bankeri. Lui si rivolge improvvisamente a me con severità chiedendomi se io abbia nulla da dire o voglia spiegare meglio. Io, non avendo capito di cosa Bankeri stia parlando rimango ammutolito, così come anche le altre persone presenti. Il silenzio domina la scena e la tensione si taglia con il coltello. La guida è mortificata e imbarazzata. Anche io del resto. Bankeri comincia a parlare. Parte un filmato nel quale compare una persona ridotta a pelle e ossa, molto simile ormai ad uno scheletro. Mi sembra il mio amico G. ancora adesso cantante di un gruppo musicale, come accadde a me durante i miei venti anni. Tempo fa, racconta Bankeri sedendosi su di una specie di palco, durante un concerto si accorse, come d’un lampo, che la vita aveva un termine. Fu uno shock talmente forte da rendere la sua esistenza improvvisamente diversa. Cominció infatti a ritenere tutte le persone intorno a lui complici a sua insaputa di questo dato di fatto. La diffidenza, da quel momento in poi, fu alta verso tutti, tranne verso G.
Nel sogno l’inquadratura stringe sulle mani scheletriche di G.
D’un tratto lo scheletro si alza e comincia a muoversi. Filamenti di tendini oscillano con i movimenti dello scheletro. @nina sta guardando il video e io sono preoccupato possa rimanerne troppo colpita e spaventata. Lo scheletro dai mille tendini comincia a prendere delle ossa sottili da un tavolo montandosele addosso. Avviene una lenta ricostruzione del corpo. Bankeri descrive la fase finale che non compare nelle immagini: una bruciatura della parte più esterna dei filamenti permette la saldatura e il contenimento delle fibre attraverso la creazione di una sorta di pelle bruciata. La descrizone di questa sofferenza sembra portare alla costituzione di un assetto molto resistente, al limite del supereroe.

Unconscious iphone

Ho sognato di avere un nuovo modello di Iphone. Mostravo al mio amico Massi la connessione via bluetooth al mio inconscio. Accendevo l’applicazione di gestione della fotocamera e variavo il fuoco del mio occhio in base a ciò che digitavo sul’iphone. Si sfuocava l’immagine dello sfondo visualizzata dal mio cervello attraverso una digitazione sul display dell’oggetto da inquadrare. Riflettevo sulle potenzialità del nuovo iphone ma provavo un fastidioso senso di violazione dei confini del mio corpo e della mia psiche.

La grande onda

Sono in una boutique molto particolare, presumibilmente in un posto di mare. Sono con mia sorella e F. per cercare un gioco da regalare a mia figlia. Il negozietto è pieno di giochi “di una volta”, fatti in legno, molto semplici, del tipo dama cinese per intenderci.

Mi allontano dal reparto giochi per andare nella saletta dedicata agli oggetti di arredamento. Lampade variopinte su comodini sono in bella mostra e una finestra aperta adornata con tende colorate semi trasparenti lascia entrare un’aria e della luce molto piacevoli.

Torno al reparto giocattoli e vedo S. che ha appena comprato, per suo figlio, un dinosauro (piu o meno) in legno da costruire. Noto ben distintamente due asticelle di legno che per me sono le zampe. In effetti subito dopo noto all’estremità di esse una forma ovale di gomma traslucida e dico che sono le rotule.

Poco dopo mi ritrovo a raccogliere da terra svariati piccoli pezzi di non so bene cosa. Tra queste cose che raccolgo ci sono anche delle viti ed alcune di esse, essendosi mischiate con la sporcizia che stava sul pavimento in cemento, vengono individuate e tirate su a fatica anche perchè ho gia le mani piene di roba e non c’e’ piu posto per altre cose, seppur della dimensione di una piccola vite. Nel frattempo se ne sono andati tutti e con molta fatica, finito di raccogliere anche l’ultima vite, li raggiungo di fuori.

Mi ritrovo su una spiaggia, lontano da S. e mentre cerco di raggiungerlo con passo normale noto che il mare è mosso. Nello stesso istante in cui penso che sia perfetto per la pesca a surf casting le onde si ingrossano a dismisura raggiungendomi quando, sempre con le mani piene di roba, avevo quasi raggiunto il mio amico (che si trovava su un rialzo naturale al riparo dalle onde). Una prima onda mi avvolge la vita, “neanche troppo violenta” penso… quando arriva una seconda onda alta il triplo di quella precedente ed io, prontamente, mi immergo in acqua per subire meno l’impatto.

Mi sveglio

Uscite

Sono a casa a Napoli, ma è diverso. Devo uscire con V.,  nel sogno è un mio cugino. sono per strada arrivo a casa da Roma, ci sono i miei e anche V. con la sua famiglia.

Una volta in casa mio fratello dice che andrà a dormire da un amico , perchè con i miei si stressa troppo. I miei si dispiacciono.

Mio padre si sta preparando per uscire, ha dimenticato qualcosa da qualche parte che deve andare a prendere.

Gli dico che esco anch io con V., andiamo al cinema, inizia a piantarmi storie.

Gli dico di smettarla, lo guardo in viso e lo strattono, gli chiedo se non gli basta quanto mi abbia rovinato infanzia e adolescenza.

 

 

Cammello, Cannuccia e Ventosa

Sto camminando per le vie del Rione Monti alla ricerca del mio cane.

Dopo una breve camminata mi ritrovo davanti al bar di Piazza Madonna dei Monti dove vedo il mio cane in compagnia di un cammello che sembra essere diventato suo amico.

Sembra che gli abitanti del quartiere abbiano paura del cammello e che vogliano cacciarlo al più presto. Io decido di aiutare il cammello a cercare il suo padrone, convinto di poterlo tranquillizzare, vista la mia capacità di interagire affettuosamente con il mio cane.

Mi avvicino così all’animale nel tantativo di stabilire un contatto. Lo accerezzo sul collo. E’ molto alto e ha la pelle del collo un po’ grinzosa e la pelliccia simile ad un divano di alcantara. E’ un po’ disorientato e spaventato dalla la situazione. Cominciamo a girare per il quartiere alla ricerca del suo padrone. Tengo al guinzaglio il cammello e lascio che il mio cane guidi il nostro cammino, nella speranza che il suo olfatto,il suo intuito e la sua intelligenza possano aiutarci.

Mi ritrovo improvvisamente in un altro posto insieme al mio amico T.D.

Stiamo per entrare in un appartamento dove si sta svolgendo una grande festa di carnevale. Non siamo stati invitati, ma alcuni nostri amici ci hanno detto che la festa è talmente grande che può entrare chiunque. Non essendo però mascherato, decido di inventarmi un travestimento. In un negozio di casalinghi acquisto delle cannucce, le infilo una dentro l’altra e le metto al collo; ne tengo una in bocca. Sono vestito da Cannuccia.

T.D. invece trova nel negozio una ventosa nera, di un materiale simile a quello delle borse dell’acqua calda. La indossa mettendola in testa come cappello. E’ vestito da Ventosa.

Entriamo alla festa divertiti dal nostro estro creativo e dalla idea bizzarra appena concepita.

Disattenzione

Sono in un parcheggio con il mio amico T.D. e stiamo chiacchierando del più e del meno dentro alla sua macchina. Ad un certo punto decido di andare a prendere una cosa nella mia auto per mostrarla a T.

Arrivato all’auto mi accorgo che gli sportelli sono aperti e che nell’abitacolo c’è un odore diverso dal solito. Capisco che è entrato qualcuno in mia assenza. Temo che ci sia una persona accovacciata e nascosta sui sedili posteriori. Torno allora da T. e lo avverto dell’accaduto chiedendolgi di andare insieme a verificare la situazione.

Prima di recarci verso la mia auto T. prende, come arma di difesa, una tanica di benzina vuota di metallo dal bagagliaio della sua macchina.

Mi dirigo verso l’auto tenendo in mano un casco nero integrale.

Arrivati alla macchina mi accorgo che un signore dai capelli bianchi sta armeggiando dalla parte del passeggero. Lo aggredisco istantaneamente sferrandolgi un colpo con il casco. Il colpo, portato con il braccio destro, risulta però essere poco preciso ed estremamente debole. Colpisco infatti la spalla del signore il quale, senza scomporsi più di tanto, si rivolge a me con un volume di voce piottosto alto e mi spiega che la macchina in questione è la sua e che sarebbe stato prossimo alla partenza se non fossimo intervenuti noi a disturbarlo.

Mi accorgo di aver confuso l’auto, molto simile alla mia, e di essermi recato in una parte del parcheggio diversa da quella nella quale poco prima avevo parcheggiato.

Osservo gli occhi azzurri e candidi del signore dai capelli bianchi vergognandomi terribilmente del mio gesto.

Non guardo T. per paura di trovare nei suoi occhi un’espressione critica o di disapprovazione.

Tornando alla macchina penso a quanto T. nel corso degli anni potrà prendermi in giro per l’accaduto; mi sento di pessimo umore e provo una grande rabbia per il mio gesto e per la mia inaccettabile disattenzione.

Usciamo dal parcheggio con la macchina di T. e vagabondiamo per le vie di quella che appare essere la nostra città. Sembra un paese Toscano, le vie sono piccole, fresche e libere dal traffico.

Improvvisamente una ragazza su di un motorino “Ciao” va a sbattere per disattenzione contro la saracinesca di un negozio ancora chiuso cadendo a terra svenuta.

Chiamo immediatamente con il cellulare il 118 e chiedo l’intervento di un’ambulanza. Non mi accogo che l’operatrice ha risposto e rimango qualche secondo distratto e con il cellulare nella mano sinistra alla ricerca del nome della piazza nella quale mi trovo.

Dopo avere comunicato all’operatrice l’indirizzo, tra mille difficoltà, non ultima quella della miopia, mi dirigo verso il negozio con l’intenzione di aiutare la ragazza.

Nel frattempo il locale della saracinesca colpita ha aperto e i proprietari stanno aiutando la sfortunata ragazza. Entro nel bar/pizzeria a taglio e mi accorgo che un uomo e una donna stanno offrendo della pizza alla ragazza come soluzione del problema assicurativo sorto dopo l’incidente.

La ragazza però sembra non essere affatto contenta della magra consolazione offertale dai negozianti.

Mi accorgo di essere nudo e la ragazza comincia a prendersela co me, con una sorta di eloquio delirante, additandomi come tipico rappresentante del genere maschile.

Mi sembra evidente, dati i miei attributi in mostra, che io non possa negare di essere un uomo, cerco però di difendermi dalle accuse accogliendo il suo sfogo e contenendo la sua angoscia.

La ragazza va in bagno e io mi sdraio su di un letto all’entrata del negozio. Quando la ragazza esce mi accorgo di essere ancora nudo edi aver assunto una posizione che potrebbe essere equivocata e considerata come seduttiva (o per meglio dire da “piacione”).

Cambio posizione cercando di essere il più composto possibile.

Mi reco a mia volta al bagno passando per due stanze dall’arredamento molto spartano dentro le quali, su semplici tavoli di legno, famiglie e gruppi di amici passano insieme un’allegra serata mangiando pizza e bevendo birra.