Casa mia non mia

Sono in una nuova casa, piccola ma carina.. è nuova! Finalmente riesco a permettermi un appartamento tutto mio e quasi non mi sembra vero… ad un certo punto mi arriva una telefonata, la casa non è mia, la sto occupando “illegalmente” e devo uscire subito! Quella che mi sembrava una casa nuova e in cui sono appena entrata diventa piena di roba, tutta mia e io non so più dove metterla. Devo scappare ma non so come fare a recuperare tutte le mie cose e non voglio che mi trovino li. Chiedo a due amici senza volto di aiutarmi, c’è una valigia grandissima in cui chiedo di mettere cose e vestiti ma sono restia, non mi va che mettano le mani tra le mie cose. Provo a fare telefonate ma presa dal panico non riesco a comporre numeri di telefono corretti.

La confusione continua.. sono all’esterno del palazzo e cerco in tutti i modi di comunicare con il cellulare, cerco di telefonare a mia madre ma sbaglio sempre numero. Trovo una fila di persone sul pianerottolo, vicino ad un ascensore…  ci sono tre portoni e ho paura di entrare in quello sbagliato violando la privacy di altre persone, tutti mi osservano, (il mio appartamento è l’unico che non ha proprietari, è in attesa di essere affittato o venduto) busso piano e mi faccio aprire dagli amici senza volto che nel frattempo non solo non hanno toccato nulla ma sembra che le cose si siano moltiplicate.

A questo punto mi sveglio… con un po’ di ansia e tanta tanta voglia di mettere ordine tra le mie cose e di buttare via un po’ di roba inutile.

Il giardino

E’ tutto buio in principio. Lentamente la luce inizia a penetrare nella stanza attraverso le due immense finestre che sono alle mie spalle. E’ notte fonda , guardo davanti a me e appare un grande camino acceso sovrastato da un trofeo di caccia… mi arrampico incuriosita ed infilo la mano in bocca al cervo… estraggo 2 pistole, non sono recenti, a dir la verità tutta l’atmosfera sembra del 18° secolo. Nello scendere faccio cadere qualcosa che fa un rumore di vetri rotti. Scappo e mi dirigo verso il belvedere da dove si vede un giardino labirinto. Nell’ inseguimento mi affaccio e trovo una piccola botola dove riesco a nascondere una sola pistola, l’altra mi scivola e va a finire 6 m sotto di me… da lì mi sento tirare per la cintura e scaraventare dall’altra parte. Nel cadere mi ricordo una sagoma che mi guarda. Atterro e buio di nuovo.

Mi sveglio con una luce fortissima, sono dentro un ascensore di metallo che sale. Si aprono le porte e mi trovo all’interno di una stazione, una voce indistinguibile parla, figure colorate poco nitide mi sfrecciano davanti, c’è il classico orologio da stazione che segna un’ora indefinita. Ad un tratto mi trovo 2 uomini uno completamente bianco, l’altro completamente nero che mi sbarrano la visuale. Mi prendono per le braccia ed iniziano a trascinarmi indietro, dicendomi ” Cosa ci fai qui?! Non sei ancora pronta per questo”. Mi riportano all’ascensore e mi lanciano dentro.

Profumo di donna e parassiti sottocutanei

Sono ad un pranzo insieme a molte altre persone. I tavoli sono quelli che si potrebbero trovare ad una sagra e sono disposti un po’ alla rinfusa.
Siedo accanto ad una ragazza mora vestita di nero. So bene chi sia anche se nel sogno la somiglianza non è del tutto fedele. Mi avvicino al suo collo ripetutamente e in maniera furtiva per annusarne il profumo. Dopo aver rubato per due o tre volte la dolce essenza dal suo collo, noto un’altra ragazza vestita completamente di bianco, mora anch’essa, dall’altro lato del tavolo, che mi fulmina con lo sguardo e mi manda a quel paese mimando un vaffa con la bocca.
In quel momento mi ritrovo seduto a capotavola, con la testa abbassata, rivolta verso il pavimento. Accavallo la gamba sinistra sulla destra e noto un piccolissimo puntino di grasso sulla caviglia. Inizio a grattarlo con l’unghia del dito indice della mano destra per cercare di asportarlo ma più gratto, più il puntino diventa grande… E quando ha raggiunto le dimensioni di qualche millimetro, inizia a muoversi, proprio come farebbe un piccolo vermetto bianco. Rendendomi conto di cosa stavo ospitando sotto la pelle della mia caviglia, afferro con le dita la piccola sporgenza bianca e soda e tiro con decisione, ritrovandomi in mano un verme di qualche centimetro. Sorprendentemente non sento alcun fastidio o dolore e la cosa mi rincuora anche perchè quando osservo meglio il buco lasciato dal verme noto che dentro ce ne sono altri più o meno lunghi. Ne afferro un altro e lo tiro fuori. E poi un altro ancora, e ancora. Nella mano ormai ho cinque o sei vermi di varie grandezze e sulla caviglia un buco di qualche centimetro, senza più parassiti al suo interno. Non noto molto sangue.
Mi alzo dal tavolo e cerco di svicolare tra gli altri, perdendo l’equilibrio un paio di volte. Ho ancora i vermi in mano, devo farli vedere a mia madre, l’unica persona che ho in mente che possa darmi consigli sul da farsi. Mi rendo conto subito dopo che non c’è più ma la cosa non mi butta giù più di tanto e penso che sono grande abbastanza per cavarmela da solo.
Esco di scena, ho in mano un filetto di pesce la cui consistenza della carne somiglia molto a quella dello sgombro in scatola. Lo sto ispezionando in cerca di altri vermi.

Spaventato a morte

Sono in una cucina di una non ben identificata caserma militare e ci sono delle belle ragazze vestite di sole mutande nere. In seguito a quella che mi è sembrata una piccola esplosione una di loro viene scaraventata dall’altra parte della cucina andando a finire su una macchina a gas. Batte la testa sul muro ricoperto di piastrelle bianche e inizia ad avere dei tremori molto forti.

Da quello che posso apprendere come osservatore degli eventi i militari presenti nella caserma tentano di coprire l’accaduto cercando di eliminare la ragazza infortunata. Al successivo cambio di scena mi ritrovo, sempre come osservatore, in una stanza che può sembrare un magazzino vista la quantità di oggetti accatastati intorno a me. Nell’aria una canzone in perfetto stile italiano intonata da uno dei militari presenti nella stanza. Intuisco che le parole originali sono state alterate assumendo un tono di  inquietante scherno rivolto alla ragazza rinchiusa in un telo di plastica trasparente, su un  tavolo al centro della stanza. Tutto è illuminato da un cono di luce giallastra. La ragazza si dimena e maledice il militare canterino che rimane impassibile allo spettacolo di sofferenza della vittima.

Il successivo cambio di scena mi vede ancora come osservatore. Sono in una sorta di spogliatoio. Di fronte ad una fila di armadietti c’è il militare canterino. Sembra disorientato e spaventato da una qualche presenza che lo tormenta. Nel momento in cui si gira dalla parte opposta in cui stava guardando scorge la ragazza che aveva ucciso poco prima ed è in quel momento che prendo le sue parti e da osservatore divento protagonista della parte più spaventosa del sogno. La ragazza mi prende per la camicia e mi sbatte su un lettino iniziando ad imprecare cose non ben distinguibili fino a quando il suo viso, avvicinandosi sempre di più al mio, inizia a deformarsi. La sua bocca si allarga in maniera inverosimile e il suo interno è tutto nero. Più la trasformazione diventa orribile più le sue urla diventano forti e aggressive. Io vengo pervaso da una serie di brividi sempre più forti fino a quando uno di un’intensità mai provata mi colpisce al petto lasciandomi senza vita.

La grande onda

Sono in una boutique molto particolare, presumibilmente in un posto di mare. Sono con mia sorella e F. per cercare un gioco da regalare a mia figlia. Il negozietto è pieno di giochi “di una volta”, fatti in legno, molto semplici, del tipo dama cinese per intenderci.

Mi allontano dal reparto giochi per andare nella saletta dedicata agli oggetti di arredamento. Lampade variopinte su comodini sono in bella mostra e una finestra aperta adornata con tende colorate semi trasparenti lascia entrare un’aria e della luce molto piacevoli.

Torno al reparto giocattoli e vedo S. che ha appena comprato, per suo figlio, un dinosauro (piu o meno) in legno da costruire. Noto ben distintamente due asticelle di legno che per me sono le zampe. In effetti subito dopo noto all’estremità di esse una forma ovale di gomma traslucida e dico che sono le rotule.

Poco dopo mi ritrovo a raccogliere da terra svariati piccoli pezzi di non so bene cosa. Tra queste cose che raccolgo ci sono anche delle viti ed alcune di esse, essendosi mischiate con la sporcizia che stava sul pavimento in cemento, vengono individuate e tirate su a fatica anche perchè ho gia le mani piene di roba e non c’e’ piu posto per altre cose, seppur della dimensione di una piccola vite. Nel frattempo se ne sono andati tutti e con molta fatica, finito di raccogliere anche l’ultima vite, li raggiungo di fuori.

Mi ritrovo su una spiaggia, lontano da S. e mentre cerco di raggiungerlo con passo normale noto che il mare è mosso. Nello stesso istante in cui penso che sia perfetto per la pesca a surf casting le onde si ingrossano a dismisura raggiungendomi quando, sempre con le mani piene di roba, avevo quasi raggiunto il mio amico (che si trovava su un rialzo naturale al riparo dalle onde). Una prima onda mi avvolge la vita, “neanche troppo violenta” penso… quando arriva una seconda onda alta il triplo di quella precedente ed io, prontamente, mi immergo in acqua per subire meno l’impatto.

Mi sveglio

Tutti al mare!

Sono a C., con mio padre, mia madre e mia nonna. Siamo venuti per vendere la casa al mare, ma io ci ripenso; sembra piccola e un po’ fatiscente però, riguardandola bene, non è poi tanto piccola e si può rendere più confortevole. Posso andarci in estate e in qualche week end, perché rinunciarci? L’unico problema è che ci va anche Stella (la signora che mi aiuta in casa), ma possiamo accordarci sui periodi in cui andare e dividerceli. Mio padre propone di ampliare la casa incorporando un piano superiore, una specie di loggiato, che è rimasto libero perché vi è avvenuto un omicidio. Io rifiuto decisamente, non voglio la casa dell’omicida! Mia madre comincia a parlare e dice che aspetta la prossima morte di mia nonna per potersi sentire finalmente libera e fare qualche viaggio, anche in terre lontane.

Non so come finisce, perché suona la sveglia…

In chiesa

Sono in chiesa e il parroco sta celebrando la Messa. Alla mia sinistra B. e un’altra donna si addormentano durante la predica. Siamo al primo banco e non c’è possibilità di non essere visti. Il parroco infatti più di una volta sveglia B. con uno schiaffetto sulla faccia accompagnato da un’espressione severa. La signora al nostro fianco viene rimproverata apertamente per aver messo i piedi sull’inginocchiatoio senza aver prima sistemato dei giornali appositamente forniti dalla Diocesi. Durante la Messa il parroco chiama sull’altare una famiglia di nobili origini. Mi rendo conto che si tratta della famiglia di Fabio (cfr “Luogo di Lavoro” – 30 gennaio 2008). Sono piuttosto contrariato dal fatto che l’intera comunità religiosa giudichi l’appartenenza ad una famiglia nobile un’inequivocabile garanzia di rettitudine morale.

Il parroco apre una piccola finestra in legno nel soffitto della chiesa, realizzata grazie alle donazioni della famiglia di Fabio, dalla quale entra un flebile raggio di sole.

Rifletto su come sarebbe stato meglio utlizzare il denaro dell’offerta per aiutare le famiglie bisognose e in difficoltà.

Al supermercato

Mi trovo al supermercato con mia madre, mi tiene per mano, quando tra gli scaffali delle più disparate mercanzie, vedo una donna, un po’ in carne, nuda, su una piccola pedana, come se stesse in vendita, mi staccai da mia madre e mi avvicinai, lei si girò e chinandosi mi mostrò la sua intimità . Fu un invito che non potei rifiutare, di toccare con la mano che poco prima stringeva quella di mia madre.