La nonna e il motorino

Entro nella casa di mia nonna. E’ aperto. Trovo mia nonna che dorme seduta al tavolo in formica azzurra della sala da pranzo. La sveglio. Decido di non dirle che avrebbe dovuto controllare che le porte fossero chiuse per evitare che entri qualche malintenzionato. Andiamo nella sua camera da letto. Lei è dietro un muro. Le chiedo: “Nonna, cosa stai facendo”
E lei: ” Mi cambio”.
Aspetto qualche istante poi, quando lei esce dalla stanza e mi viene incontro la abbraccio e le dico che le voglio bene. E’ un abbraccio calmo e silenzioso, affettuoso e denso di significato.
Esco e vado a riprendere il motorino che avevo precedentemente portato dal meccanico. Nel frattempo so che devo tornare a Roma e che non ho fatto preventivamente il biglietto.
Hanno sistemato bene la centralina del motorino. Chiedo di controllare che lo sterzo in asse ma mi dicono che non si puó fare. Dopo una mia blanda insistenza mi dicono di rivolgermi ad un signore straniero che, nel frattempo, sta pulendo, dopo averli smontati, gli ammortizzatori.

Il Responso

Ho sottoposto (anche nella vita reale) le foto di un’artista al curatore di un importante progetto e aspetto la sua risposta.

Mi ritrovo seduta ad un tavolino rotondo bianco nella stessa stanza con questo curatore che è, invece, seduto alla sua scrivania davanti al computer nell’angolo della stanza. Lui non mi vede, oppure non percepisce la mia presenza, ed io lo guardo come in una candid camera mentre apre le email e legge la mia commentando che l’artista in questione non è adatta e che è scadente.

Il senso di delusione è forte soprattutto perché attribuisco il fallimento al mio non avere incluso nel portfolio una foto in particolare per via di una dimenticanza.

 

Matrimonio a Montecarlo

Sono stata invitata al matrimonio di C., una ragazza molto più giovane di me che nella vita reale conosco ma vedo solo qualche giorno d’estate. Il Matrimonio sarà a Montecarlo e, mentre io cerco di decidere se andare in aereo si offre di accompagnarmi in macchina Piero Pelù. Io sono entusiasta all’idea di fare il viaggio con lui e accetto ben volentieri.

Una volta partiti, all’altezza del primo autogrill, mi rendo conto di aver dimenticato il mio beauty-case a casa, con i trucchi e le creme e mi secca molto il pensiero di dover ricomprare tutto doppio non sapendo neanche se troverò davvero i prodotti che mi servono… e già parte del buonumore è sfumata.

Più in là, durante il viaggio, domando a Piero Pelù che sta guidando quanto manca per Montecarlo ed il nome del nostro albergo ma lui mi risponde che in realtà non alloggeremo proprio a Montecarlo ma a (nome di un paese che non ricordo) che io so essere un posto orribile.

Scoperta la notizia il mio buonumore sparisce definitivamente e inizio a maledirmi per avere accettato il suo passaggio e medito di dirgli che i suoi ultimi dischi sono orribili e che da anni ormai non è più all’altezza dei vecchi Litfiba ma poi decido di non dire nulla perché mi sembra troppo offensivo e resto seduta in macchina con il broncio.

Tutti a Ravenna a fare skate!

Ho sognato di viaggiare in treno e di arrivare a Ravenna. A casa di mia nonna i miei figli corrono e gridano allegri per il corridoio. Dico loro di non fare troppo rumore perché la loro bisnonna sta svolgendo come terapeuta una seduta di analisi nel salone di casa. Loro bussano per scherzo alla porta del salone. Mi preoccupo che la nostra presenza possa dare fastidio a mia nonna in un frangente come questo. Facciamo su e giù per le scale. Una volta scesi, troviamo la porta del salone socchiusa. Penso che durante lo scherzo precedente, per gli spostamenti veloci dei miei bimbi, la porta si sia aperta col vento. Nel frattempo la casa si riempie di amici conosciuti (T.C., Sibs, @zpod, @mr.enrico, @stomitch) e di persone che nel sogno sono amiche ma che nella realtà diurna non conosco. Decidiamo di andare a fare skate. Uno degli amici che non conosco mi dice, piuttosto deluso, di voler rimanere a casa con me a vedere un film (forse Jumanji) ma io gli spiego che è sicuramente meglio uscire tutti insieme a skeitare. Lui ed un altro amico rimangono seduti al tavolo con in bocca un ciuccio che li consola dalla frustrazione. Dico loro che è sicuramente meglio uscire invece di stare imbambolati con un ciuccio in bocca a piangersi addosso. Decidiamo così di uscire tutti. Il mio amico A.S., molto più giovane di me nella realtà diurna, sale le scale per andare a recuperare qualcosa al piano di sopra prima di uscire. Mi sento allegro.

La crisalide

Ero una bambina  quando feci questo sogno.

Schiamazzi e grida giocose aleggiano nell’aria, mi ritrovo in mezzo ad un gruppo di bambini, radunato intorno ad un buco dove iniziano delle scale a chiocciola che scendono verso il sottosuolo. Incuriosito uno dei ragazzini dice “Andiamo a vedere che c’è lì sotto!” . Inizia così questa lunga discesa, si forma fila indiana e l’unica cosa che si sente sono i passi leggeri di piedini che scendono i gradini arrugginiti.  Arriviamo nelle fogne, c’è talmente tanta umidità che le pareti e il pavimento sono ricoperti da un velo sottile di acqua. Decidiamo di dividerci per scoprire cosa nasconda questo labirinto umido e fetido. Io ed una mia amica iniziamo a camminare verso un tunnel, ad un tratto nello svoltare ci troviamo davanti agli occhi un’immensa crisalide verde fluorescente . La paura si fece più forte, quando guardandola meglio mi vidi lì dentro. Ero pallida, occhi chiusi, bocca livida e mani incrociate. Sembravo morta. A quella visione fuggimmo.  Decisi di tornare il giorno dopo, sola però questa volta. Scesi quei gradini pericolanti, arrivata alla fine vidi quella creatura che il giorno prima era dormiente in quella specie di bozzolo, ora era seduta a terra con le gambe divaricate  intenta a giocare con dei dadi. La paura mi pietrificò, in quell’istante lei/io mi guardò e mi chiese “Vuoi giocare con me?”… Con il terrore in corpo scappai di nuovo.

Le lavandaie

Sono per strada nei pressi del mio posto di lavoro. Molto probabilmente in pausa pranzo, perchè sto cercando di decidere in quale bar andare a mangiare. Quello più lontano non l’ho mai visitato. Decido di farlo e mi metto a correre altrimenti farò tardi. Ai piedi ho degli zoccoli di legno che rallentano la mia corsa. Decido quindi di tornare indietro per andare all’altro bar. Dopo poco mi giro verso il bar lontano e mi rimetto a correre per raggiungerlo. Noto che si trova nello stesso punto dove sorge un gommista. Quest’ultimo aspetto mi fa desistere e torno indietro per la seconda volta.

Mentre costeggio le mura dell’ufficio, almeno 10 volte più grande di quello reale, sento delle voci provenire da un seminterrato. I locali lavanderia. Mi affaccio furtivamente e dietro ad un paravento color bianco sporco ci sono una signora rossa e una ragazza mora. Stanno chiacchierando del più e del meno. Mi intrattengo fuori della finestra nella speranza che inizino a spogliarsi. Faccio avanti e indietro come per rinnovare il mio passaggio casuale nei pressi della finestra fino a che la signora rossa si cala i calzoni mostrandomi il suo splendido didietro.

Da un’altra finestra un tipo coi baffetti mi guarda insospettito e poco dopo iniziano a farlo anche le due tipe nell’altro locale.

Decido di allontanarmi.

Mi ritrovo all’interno di un palazzo, sul pianerottolo del primo piano. In una rientranza sta seduta la ragazza della lavanderia. Ha i capelli neri e lisci, la frangetta ed è vestita di verde. Mentre mi avvicino mi mostra accidentalmente il seno. È minuto ma perfetto.

Una volta vicino alla ragazza mi faccio coraggio e le chiedo se vuole prendere un caffè. Lei dice di no. Le faccio notare che è la prima volta in vita mia che chiedo ad una ragazza di offrirle un caffè ma questa cosa non fa altro che aumentare il suo disagio.

Dal corridoio alla mia destra arriva con passo affrettato il tipo coi baffetti. Non mi fa domande ma si ferma di fronte a me. Cerco di dimostrargli che non ho cattive intenzioni. Mi rivolgo alla ragazza nella speranza che possa fargli capire che sono in buona fede. Le dico “Digli cosa ti ho chiesto” e lei gli dice che le avevo solo chiesto di prendere un caffè. Di seguito aggiungo, in maniera sufficientemente seria, “Non sono un molestatore”. Questa mia ultima affermazione sembra aver sortito l’effetto desiderato e io e il tipo coi baffetti scendiamo al piano terra.

Mentre scendiamo mi dice che non tutti sono sinceri come me (o qualcosa del genere). Ci ritroviamo all’entrata del palazzo, di fronte al portone a vetri. Mentre chiacchieriamo noto, guardando attraverso il portone, un tipo con la maglietta verde scura sdraiato in mezzo ad un incrocio. I passanti lo snobbano. Mi preoccupo per lui ma subito dopo si alza e se ne va.
Mi accorgo di avere pantaloni e boxer abbassati e mentre cerco di ritirarmeli su mi scuso con baffetto. Ridiamo, anche perché i pantaloni sono molto stretti e faccio fatica ad allacciarli. Mentre sono ancora mezzo denudato, sempre guardando attraverso i vetri del portone, noto un mio collega che si avvicina al palazzo. Penso si tratti di F.C.. Cerco di affrettarmi a rivestirmi per non farmi vedere in quelle condizioni. Il tipo entra nel palazzo, non era un mio collega.

Festa di Halloween

Sono a studio con una giovane paziente, è la sua ultima seduta, mi ha portato un regalino, una sorta di cintura per stivali. Vuole che la provi, è allegra e contenta.

Mentre parliamo improvvisamente si apre la porta, ma non c’è nessuno, mi alzo per chiuderla scusandomi per l’ inconveniente Poi nuovamente accade un altro paio di volte. Saluto la mia paziente, dicendole che forse cambierò studio.

Ad un certo punto non ci capisco più nulla la stanza si riempie di gente buffa, parlo ma non mi ascoltano, è come se festeggiassero o non so cosa, non riesco a gestire la situazione, c’ è un nano che tenta di importunarmi, lo prendo a calci, ma pare non si faccia nulla.

Un neonato che piange disperato abbandonato a sé stesso, non posso fare altro che prenderlo in braccio e provare a calmarlo.

Mi ritrovo con questo piccolo bambino in braccio circondata da idioti inebetiti che festeggiano non so che.

 

 

Hannibal the Cannibal

Sto camminando per un sentiero per andare al seminario della specializzazione tenuto dalla mia analista, sono in ritardo. Durante il tragitto sulla mia sinistra vedo una signora seduta per terra…i nostri sguardi si incrociano… mi manda a quel paese, io non riesco a capire se è una paziente o è l’analista… . Durante il sogno vedo la maschera di Hannibal the Cannibal, che nel film reale gli viene messa per non divorare le persone. Finalmente giungo al seminario. Siamo in cerchio e tutti seduti per terra, compreso la mia analista…lei percepisce che alcuni di noi (compresa io) sono molto “provati”, quindi indica sul prato delle lenzuola, come se fosse un letto, per sdraiarsi…riposarsi un pò…