Spaventato a morte

Sono in una cucina di una non ben identificata caserma militare e ci sono delle belle ragazze vestite di sole mutande nere. In seguito a quella che mi è sembrata una piccola esplosione una di loro viene scaraventata dall’altra parte della cucina andando a finire su una macchina a gas. Batte la testa sul muro ricoperto di piastrelle bianche e inizia ad avere dei tremori molto forti.

Da quello che posso apprendere come osservatore degli eventi i militari presenti nella caserma tentano di coprire l’accaduto cercando di eliminare la ragazza infortunata. Al successivo cambio di scena mi ritrovo, sempre come osservatore, in una stanza che può sembrare un magazzino vista la quantità di oggetti accatastati intorno a me. Nell’aria una canzone in perfetto stile italiano intonata da uno dei militari presenti nella stanza. Intuisco che le parole originali sono state alterate assumendo un tono di  inquietante scherno rivolto alla ragazza rinchiusa in un telo di plastica trasparente, su un  tavolo al centro della stanza. Tutto è illuminato da un cono di luce giallastra. La ragazza si dimena e maledice il militare canterino che rimane impassibile allo spettacolo di sofferenza della vittima.

Il successivo cambio di scena mi vede ancora come osservatore. Sono in una sorta di spogliatoio. Di fronte ad una fila di armadietti c’è il militare canterino. Sembra disorientato e spaventato da una qualche presenza che lo tormenta. Nel momento in cui si gira dalla parte opposta in cui stava guardando scorge la ragazza che aveva ucciso poco prima ed è in quel momento che prendo le sue parti e da osservatore divento protagonista della parte più spaventosa del sogno. La ragazza mi prende per la camicia e mi sbatte su un lettino iniziando ad imprecare cose non ben distinguibili fino a quando il suo viso, avvicinandosi sempre di più al mio, inizia a deformarsi. La sua bocca si allarga in maniera inverosimile e il suo interno è tutto nero. Più la trasformazione diventa orribile più le sue urla diventano forti e aggressive. Io vengo pervaso da una serie di brividi sempre più forti fino a quando uno di un’intensità mai provata mi colpisce al petto lasciandomi senza vita.

Cammello, Cannuccia e Ventosa

Sto camminando per le vie del Rione Monti alla ricerca del mio cane.

Dopo una breve camminata mi ritrovo davanti al bar di Piazza Madonna dei Monti dove vedo il mio cane in compagnia di un cammello che sembra essere diventato suo amico.

Sembra che gli abitanti del quartiere abbiano paura del cammello e che vogliano cacciarlo al più presto. Io decido di aiutare il cammello a cercare il suo padrone, convinto di poterlo tranquillizzare, vista la mia capacità di interagire affettuosamente con il mio cane.

Mi avvicino così all’animale nel tantativo di stabilire un contatto. Lo accerezzo sul collo. E’ molto alto e ha la pelle del collo un po’ grinzosa e la pelliccia simile ad un divano di alcantara. E’ un po’ disorientato e spaventato dalla la situazione. Cominciamo a girare per il quartiere alla ricerca del suo padrone. Tengo al guinzaglio il cammello e lascio che il mio cane guidi il nostro cammino, nella speranza che il suo olfatto,il suo intuito e la sua intelligenza possano aiutarci.

Mi ritrovo improvvisamente in un altro posto insieme al mio amico T.D.

Stiamo per entrare in un appartamento dove si sta svolgendo una grande festa di carnevale. Non siamo stati invitati, ma alcuni nostri amici ci hanno detto che la festa è talmente grande che può entrare chiunque. Non essendo però mascherato, decido di inventarmi un travestimento. In un negozio di casalinghi acquisto delle cannucce, le infilo una dentro l’altra e le metto al collo; ne tengo una in bocca. Sono vestito da Cannuccia.

T.D. invece trova nel negozio una ventosa nera, di un materiale simile a quello delle borse dell’acqua calda. La indossa mettendola in testa come cappello. E’ vestito da Ventosa.

Entriamo alla festa divertiti dal nostro estro creativo e dalla idea bizzarra appena concepita.

Foto ricordo e autoerotismo

Sono nel giardino della casa in Toscana, sono appena arrivato e mi metto subito a sistemare un fazzoletto di terra che sta prima del ponticello, infestato da ortica e altre piantacce. Sradica qua, sradica la, il mio operato porta alla luce delle piccole uova decorate e alcuni ovetti Kinder…

Capisco subito che mio padre li ha nascosti li, sotto le erbacce, per poi poter fare una sorpresa quindi mi affretto a ri-piantare le erbacce, compresa l’ortica che pero’ non punge, affinche’ la sorpresa non venga rovinata.

Più in là nel tempo incontro mio padre, sempre nel giardino, che mi confessa di aver nascosto le uova e, dopo avergli raccontato la mia “scoperta”, ridiamo indicando le erbacce.

Mi ritrovo in una sorta di centro commerciale, alla mia sinistra una scalinata, per terra moquette forse blu, di fronte a me un uomo pelato con andatura frettolosa mi raggiunge. Lo guardo bene e riconosco in lui Patrick Stewart, l’attore che impersonifica Jean-Luc Picard, il comandante dell’Enterprise in Star Trek TNG.

Eccitato dal fatto cerco di fermarlo e gli chiedo se ci possiamo fare una foto insieme, un po’ a gesti, un po’ a parole. Lui dapprima dice di no, poi gli faccio capire che mi accontento di una sola piccola foto. Accetta, si ferma ma mantiene la frettolosità, io intanto mi rendo conto di non avere né un cellulare né tanto meno una macchinetta fotografica e allora, mentre ci mettiamo in posa, cerco, con lo sguardo e anche con la voce, qualcuno che possa immortalare questo evento.

Nel mentre noto sul viso dell’attore, poco sotto il labbro inferiore, una macchia rossa che si protrae fino al busto (probabilmente il ricordo della sua divisa da capitano elaborato male) e mi preoccupo del fatto che chi vedrà la foto riderà di questa cosa… Inoltre rimugino sul fatto che me lo aspettavo più alto.

E’ ora di andare via dal “centro commerciale” ma la mia attenzione viene catturata da una videoteca posta in cima ad una balconata. Decido di visitarla.

Arrivo in prossimità della videoteca ma invece di salire verso la balconata devo scendere delle scale mobili di colore giallo chiaro molto lunghe. Le imbocco senza indugio ma mi pento quasi subito quando, arrivando verso la fine, noto che lo spazio tra la mia testa e il soffitto diventa sempre piu piccolo. In effetti le scale mobili non mantengono la stessa distanza dal soffitto per tutta la loro lunghezza e arrivato alla fine del percorso devo letteralmente sdraiarmi sulle scale per non fare la fine del sorcio.

Riesco, con molta paura e fatica, ad arrivare dove dovrebbero esserci i film in noleggio ma al posto degli scaffali trovo delle salette con delle tende blu dove probabilmente vengono proiettati i film. Ci rimango poco anche perche’ l’aria condizionata e’ a palla e sto morendo di freddo, decido quindi di risalire dall’altra parte.

La risalita e’ molto meno difficoltosa. Alla fine delle scale vendono delle piante molto particolari, tropicali oserei dire. Piove.

Mi ritrovo nello stesso punto in cui ho incontrato Patrick Stewart ma questa volta sono all’esterno. Sono eccitato e mi apparto in un bagno pubblico giapponese.  Una volta entrato mi assicuro che la porta sia chiusa, mi avvicino allo specchio che pero’ e’ una finestra dalla quale si dovrebbe vedere la piscina. Mi affaccio ma noto che la piscina si trova svariati piani sotto quello del bagno e per riuscire a vederla mi devo sporgere un bel po’. Sul muro di fronte posso vedere le finestre di altri appartamenti. Mi ritiro dentro pensando a come si viva male in Giappone…

Mi siedo sul bordo della vasca da bagno e inizio a praticare dell’autoerotismo con la bocca, con piacere ma sprattutto con grande stupore… Dopo un po’ noto con la coda dell’occhio degli insettini che razzolano per il bagno. Li noto anche sul lavandino, sullo specchio e in poco tempo mi rendo conto che sto bagno fa veramente schifo.

Esco e mi ritrovo vestito solo dei miei boxer rossi con i pesciolini seduto alla scrivania di casa che pero’ e’ posizionata di fronte alla testata del letto. Sento aprire la porta d’ingresso. E’ F. che ritorna e mi dice che sta con M. (nella realta’ una mia collega che non conosce) e mi prende un colpo perche’ sto in mutande.

Arrivano nella stanza dove mi trovo ma la scrivania si e’ trasformata nel letto e non mi preoccupo piu di farmi vedere in boxer dalla mia collega poiche’ sono coperto dal piumone. M. fa i complimenti per l’arredamento.

Arresti domiciliari

Sono in un piccolo negozio che ricorda lontanamente il garage di casa dei miei nonni. Il mio amico Lorenzo sta per terminare il suo ultimo giorno di lavoro da commesso prima di cambiare mestiere.

Un cliente di origine orientale entra nel negozio e comincia a fare domande. Lorenzo comincia a spiegargli in inglese che non capisce la sua lingua.

La tensione aumenta.

Il signore cinese comincia ad arrabbiarsi incredibilmente e a sferrare pugni e calci contro Lorenzo. Inizia un duro combattimento. Cerco di intervenire trascinando via il mio amico.

Uscito dal negozio, mi dirigo verso una piazza con una chiesa. Lungo le strade si affollano persone, bambini giocano davanti alla chiesa, signore anziane tornano dal mercato. Intanto la polizia mi sta cercando. Anche il cinese vuole vendicarsi dell’affronto subito.

Sono circondato.

Tolgo dalla mia bocca un involucro di gomma, simile ad un palloncino, nel quale risulterà essere contenuta un bomba.

La polizia mi arresta e mi condanna agli arresti domiciliari.

Rimango a lungo nel soggiorno di casa sdraiato per terra sopra ad un lenzuolo rosso. Una finestra dà sulla piazza ed una portafinestra permette il passaggio ad un piccolo balcone sul mare. Si sente il rumore delle onde, vedo il colore blu intenso delle acque. Le finestre sono aperte e c’è una leggera brezza estiva.

Sono però costretto a non muovermi per non destare sospetti. Mi accorgo che nell’angolo tra le pareti ed il soffitto c’è un incavo che percorre tutta la lunghezza della stanza dal quale fuoriescono punte di fucili puntati contro di me da numerosi poliziotti appostati dentro casa per controllarmi.

Rimango contratto a terra in compagnia di B. e di alcuni miei amici venuti a casa per sostenermi in questo difficile momento.

Piccole sfere occhiute

Sono in un campeggio, cammino con F. e ammiro il mio anello su cui è montata una piccola sfera nera con due occhietti piccoli piccoli che mi guardano. E’ la mia creaturina personale. So che è viva e reale ma i suoi occhi sono come quelli di alcuni giocattoli (palline nere in un involucro di plastica trasparente) e si muovono senza controllo indipendentemente l’uno dall’altro. Questa cosa mi fa ragionare sull’eventualità che non sia poi così viva come credo. Allo stesso tempo penso a quanto sia bello poter costruire un terrario dove farla vivere e lo dico a F..

Mentre ragiono su questo fatto mi accorgo che una o due delle altre “creaturine” che sto trasportando in bocca si stanno rompendo lasciando fuoriuscire una sostanza densa e viscida. Decido di accelerare il loro disfacimento masticandole senza però porre attenzione alle altre rimaste. Mi ritrovo a masticare una poltiglia di dimensioni tali da riempirmi la bocca, la sputo a terra…

Matrimonio a scuola

Sono in una scuola elementare ed ho fatto nuovamente la Cresima.

Mi chiedo come mai io abbia dovuto ripeterla e temo che possa esserci stato un errore nelle pratiche della chiesa.

Sono dunque pronto a sposarmi per la seconda volta con B.

Mi lavo i denti con uno spazzolino senza manico e attendo che i bambini della scuola, dopo il loro pranzo, mi permettano di utilizzare uno dei loro lavandini, posti vicino al tavolo dove ho firmato alcuni documenti.

Dopo qualche istante di attesa e di incertezza, mi faccio coraggio e mi lavo i denti. Nella mia bocca c’è molta schiuma. Sputo il dentifricio e lo spazzolino che, nel frattempo, avevo inserito in bocca per pulire meglio i denti durante gli sciacqui.

Terminata la pulizia, mi accorgo che mia nonna L. sta venendo verso di me. Indossa un bel vestito arancione e degli orecchini di corallo il cui colore si abbina perfettamente al trucco del suo viso. Sembra più giovane della sua età.

Improvvisamente mia nonna si trasforma nel mio cane il quale mi dice di essersi dimenticato il motivo della suo viaggio e della sua presenza in quel contesto.

Io rispondo che si trova lì perché a breve verrà celebrato nuovamente il mio matrimonio.

Parola d’ordine

Mi trovavo con un accompagnatore davanti ad una scalinata molto ampia, che conduceva ad un edificio, forse un tempio. Questa persona mi precede e sale le scale e si dirige verso il portone spalancato. Io rimango giù e lo seguo con lo sguardo. Si presenta ad una guardia e dopo aver parlato con lei entra. Mi avvicino a questo punto pure io e il mio accompagnatore mi suggerisce mimando con la bocca la parola d’ordine. Non avevo capito bene la parola ma provo comunque…La guardia vestita con un uniforme gialla e blu, molto simile alle guardie svizzere, mi chiede la parola d’ordine, ed io: << …ehm tre …gazzelle…(erano quattro cavolo!e non ricordo il seguito)>> mi giro e mi allontano un momento cercando di ricordare: …eran quattro le gazzelle poi 3… qualcos’altro e quattro qualcos’altro ancora. Mi riavvicino ma anche stavolta niente, non riesco a ricordare. Ecco allora che il mio accompagnatore parla con la guardia. Riprovo nuovamente…anche stavolta niente da fare. Io non ricordo la parola d’ordine, ma la guardia a questo punto tenta di aiutarmi suggerendomi qualcosa e nel frattempo si sposta di poco dentro l’edificio ed io con lei… niente neanche con l’aiuto riesco a trovare la parola. Nel frattempo comunque si susseguono i tentativi della guardia di aiutarmi ed insieme ci spostiamo di stanza in stanza nel tempio… ero entrato!